è una delle malattie più diffuse ma di fronte a una crisi sono pochi gli insegnanti capaci di agire
Con oltre 60 milioni di persone, l’Epilessia è una delle malattie neurologiche più diffuse al mondo tanto da spingere l’Organizzazione Mondiale della Sanità a dichiararla come una malattia sociale. In particolare le stime ci dicono che nei Paesi industrializzati interessa circa 1 persona su 100, 6 milioni di individui in Europa e ben 600.000 nella sola Italia. I dati ci dicono anche che nei Paesi a reddito elevato, l’incidenza dell’Epilessia presenta due picchi: nel primo anno di vita e dopo i 75 anni. Sempre in riferimento al nostro Paese, ogni anno si verificano almeno 86 nuovi casi di Epilessia nel primo anno di vita, 20-30 nell’età giovanile/adulta e 180 dopo i 75 anni. Quando si analizzano le cifre, spesso si perde di vista tutta una serie di ripercussioni che investono il paziente nella vita di tutti i giorni. Come spiega Laura Tassi, Presidente della LICE (Lega Italiana Contro l’Epilessia) e neurologo presso la Chirurgia dell’Epilessia e del Parkinson del Niguarda di Milano: “Il bambino e l’adolescente con Epilessia hanno spesso difficoltà di inserimento nell’ambito scolastico, talvolta per un eccesso di protezione da parte dei genitori, talvolta per una scarsa preparazione degli insegnanti sulle problematiche inerenti alla patologia. È molto importante, quindi, che i docenti e gli operatori scolastici siano adeguatamente formati per agire in modo efficace in caso di un’eventuale crisi e siano in grado, d’accordo con la famiglia e lo specialista curante, di assicurare la somministrazione dei farmaci, sia di routine che per il trattamento d’urgenza di crisi convulsive prolungate, secondo le raccomandazioni previste dalle linee guida nazionali e regionali”. L’inserimento scolastico del bambino con Epilessia andrebbe accompagnato mediante interventi educativi e formativi che coinvolgono genitori e insegnanti ma anche i suoi compagni di classe. Va sottolineato, naturalmente, che l’Epilessia non incide sulle capacità di apprendimento o su quelle relazionali e che il bambino può prendere parte a tutte le attività che vengono svolte in classe e al di fuori. Tuttavia problematiche di inserimento possono perdurare nel tempo e acuirsi con l’età. Sottolinea Oriano Mecarelli, Past President LICE: “L’accettazione dell’Epilessia, in particolare durante l’adolescenza è una questione complessa, proprio perché è un periodo della vita molto delicato anche per altri aspetti. Il ragazzo spesso “non si piace” e le crisi epilettiche sono viste quindi come un’ulteriore incrinatura che rischia di aggravare una preesistente visione pessimistica del proprio futuro. È questa un’età di transizione in cui il sostegno psicologico può rappresentare un aiuto efficace”. Per sensibilizzare il mondo della scuola al tema e affrontare con i bambini e i ragazzi il tema della diversità, favorire la comprensione e l’accettazione dell’Epilessia senza barriere e pregiudizi, dal 2019 è stato attivato il progetto “A scuola di Epilessia”, un’iniziativa gratuita rivolta ai docenti di alunni di età compresa tra 8 e 12 anni delle scuole primarie e secondarie, fruibile collegandosi alla piattaforma Educazione Digitale, sviluppata da un team di pedagogisti, sociologi ed esperti in comunicazione. Il progetto, ancora attivo, fino all’anno scolastico 2020‑2021 ha coinvolto 698 insegnanti, raggiungendo oltre 30.000 alunni. Ed ancora, nell’ambito del Forum Sistema Salute 2023, in collaborazione con LICE, partirà EPY Hack, l’Hackathon per il superamento dello stigma dell’Epilessia e la diffusione di informazioni su come intervenire in caso di crisi, con l’obiettivo di sensibilizzare giovani e studenti universitari e invitarli a sviluppare soluzioni tecnologiche innovative per affrontare le sfide che presenta questa patologia. Ma tornando al presente, cosa bisogna consigliare di fare a genitori e educatori di fronte alla crisi epilettica di un bambino e cosa invece non è indicato, o addirittura pericoloso? 1) Restare calmi; 2) posizionare sotto la testa qualcosa di morbido; 3) allentare gli indumenti se troppo stretti e togliere gli occhiali se presenti; 4) non mettere mai oggetti o le mani in bocca e non cercare di estrarre la lingua; 5) non cercare di tenere fermo il bambino durante la crisi; 6) girare il bambino di lato per facilitare la respirazione e la fuoriuscita della saliva; 7) non lasciare il bambino da solo e attendere che si riprenda; 8) offrire sostegno e aiuto appena la crisi è conclusa; 9) somministrare se consigliato il farmaco di emergenza; 10) se la crisi dura più di cinque minuti chiamare l’autombulanza. Simone Careddu