Al via la sperimentazione di un nuovo farmaco per i nascituri che coinvolge le gestanti e il bambino a rischio di displasia
Le displasie ectodermiche sono un gruppo di rare condizioni genetiche che possono colpire la pelle, le ghiandole sudoripare, i denti, i capelli e le unghie. A causarle, una mutazione genetica che porta a una copia mancante o non funzionante della proteina necessaria affinché questi tessuti possano crescere e funzionare correttamente. La displasia ectodermica ipoidrotica (Hypohidrotic Ectodermal Dysplasia, HED) è la displasia ectodermica più comune. I sintomi principali sono l’incapacità o una ridotta capacità di sudare, con conseguente rischio di surriscaldamento del corpo, nonché la presenza di pochi denti e capelli radi. La XLHED (X-Linked Hypohidrotic Ectodermal Dysplasia) ossia la displasia ectodermica ipoidrotica legata all’X è una condizione molto rara che colpisce circa quattro neonati maschi su 100.000 ogni anno. Causata da un ampio spettro di mutazioni del gene dell’ectodisplasina A (EDA), si manifesta principalmente con ipoanidrosi o anidrosi, oligodontia o anodontia e ipotricosi. Nella maggior parte dei pazienti affetti da XLHED sono state evidenziate mutazioni dell’EDA che portano all’assenza o alla completa inattività del prodotto genico associato, l’ectodisplasina A1 (EDA1) e, quindi, a un fenotipo grave senza capacità di sudorazione. La mancanza di ghiandole sudoripare è associata a episodi di iperpiressia che possono comportare convulsioni febbrili, danni cerebrali e addirittura il decesso, in particolare durante i primi due anni di vita. Trattandosi di un disturbo recessivo legato al cromosoma X, le donne affette presentano fenotipi più eterogenei e solitamente meno gravi. Le attuali opzioni terapeutiche sono limitate alla gestione dei sintomi della malattia e alla prevenzione delle complicazioni. Attualmente è in fase di sperimentazione un farmaco per il trattamento prenatale. Si basa sulla sostituzione di una molecola proteica di segnalazione di prima classe, prodotta per avere alte proprietà leganti con il recettore endogeno EDA1 (EDAR). Il meccanismo d’azione proposto è la sostituzione della proteina mancante EDA1. L’obiettivo terpeutico nei pazienti affetti da XLHED è di attivare il processo di segnalazione di EDA1 entro l’arco di tempo specifico per attivare il normale sviluppo di strutture derivanti dall’ectoderma e alleviare il fenotipo della XLHED. I risultati di 3 studi condotti su pazienti affetti dalla XLHED e che presentavano mutazioni nulle dell’EDA, trattati con iniezioni intramniotiche del farmaco sperimentale durante la fine del secondo e il terzo trimestre della gravidanza, suggeriscono un miglioramento nel lungo termine di diversi parametri centrali della XLHED (ghiandole sudoripare, denti, ghiandole di Meibomio e salivazione) (Schneider et al, 2018). La sperimentazione clinica è attualmente uno studio prospettico di fase 2 in aperto per confermare l’efficacia e la sicurezza del farmaco somministrato per via intramniotica in una coorte più ampia di soggetti (studio EDELIFE sostenuto da Fondazione Esperare e Pierre Fabre). Nella sperimentazione il prodotto dello studio viene somministrato tramite un totale di 3 iniezioni intramniotiche, indicativamente a distanza di 3 settimane l’una dall’altra a partire della settimana 26 della gravidanza per poi proseguire nella 28a-29a e nella 31a-32a settimana di gravidanza. Il farmaco viene somministrato in una procedura che è molto simile all’amniocentesi. Utilizzando un ago e una siringa riempita con il farmaco sotto indagine e dietro guida ecografica, un medico esperto inietta il farmaco nel liquido amniotico che circonda il feto. Durante questa fase della gravidanza, infatti, i bambini deglutiscono regolarmente il liquido amniotico e deglutiranno, pertanto, anche il farmaco che una volta ingerito, sarà assorbito dall’organismo del nascituro. Si ritene che il farmaco dello studio non arrivi alla donna in gravidanza e pertanto non influisca sullo stato di salute della madre. I feti maschili trattati saranno regolarmente seguiti e valutati per verificare l’efficacia e la sicurezza fino all’età di 5 anni. Il trattamento viene somministrato al feto mentre non sarà seguito da alcun trattamento dopo la nascita. Lo studio richiederà visite specifiche a Milano. Gli operatori sanitari sono incoraggiati a portare all’attenzione delle donne incinte o che stanno prendendo in considerazione una gravidanza affette da XLHED (confermati tramite test genetici o a rischio in base a un’anamnesi familiare e/o presenza di segni e sintomi fisici della XLHED). I soggetti che sono già e che saranno arruolati nello studio sono donne adulti portatrici di una mutazione dell’EDA che portando in grembo un feto maschile affetto dalla XLHED e che siano non oltre la settimana 23 + 6 giorni della gravidanza. Lo studio viene condotto in diversi centri sperimentali negli Stati Uniti, Regno Unito, in Francia, Germania, Spagna e Italia. Sperimentatore e Coordinatore dello Studiodello studio il Prof. Dott. Holm Schneider, medico e docente di pediatria nonché responsabile del Centro per le displasie ectodermiche di Erlangen in Germania. Tutti i costi relativi alla sperimentazione, inclusi gli esami di screening, saranno coperti dagli sponsor. In Italia, è previsto il coinvolgimento di un centro aperto a Milano. Per chi volesse saperne di più sulla sperimentazione clinica EDELIFE, si prega di consultare i siti web: https://edelifeclinicaltrial.com/: https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT04980638?term=EDELIFE&draw=2&rank=1. I referenti cui rivolgersi in caso di partecipalzione allo studio sono il Prof. Dott. Riccardo Cavalli: riccardo.cavalli@policlinico.mi.it e l’associazione di pazienti: segreteria@assoande.it