Tanti i fattori che influiscono sulla salute della pelle, tra i più importanti vi è anche la temperatura
Spossatezza, insonnia, mal di testa persistente ma anche depressione e malinconia: questi sono alcuni dei sintomi più comuni che molti pazienti lamentano nel periodo invernale. La maggior parte delle volte, anche se in assenza di febbre o dei classici brividi freddi, la diagnosi è la stessa: stato parainfluenzale. In realtà, in molti casi, i virus stagionali non c’entrano molto e si dovrebbe piuttosto valutare l’ipotesi che ci si trovi dinanzi a una classica sindrome meteoropatica. Dal greco meteoros (in alto nell’aria) e pathos (malattia), con questo termine si indica una condizione psicofisica che si presenta in coincidenza con i cambi di stagione e con l’abbassamento o innalzamento delle temperature o del tasso di umidità, ma anche in concomitanza con la comparsa di venti particolarmente freddi o caldi, con l’aumento delle precipitazioni temporalesche o nevose. “Secondo varie statistiche – afferma lo psichiatra Antonio Picano dell’Ospedale S. Camillo di Roma – soffre di meteoropatia circa il 25% degli italiani e di questi circa un quarto, ovvero il 5-6%, presenta disturbi più gravi: dall’alterazione del ritmo del sonno, alla variazione del peso e dell’umore, al calo del rendimento lavorativo. I più colpiti sono innanzitutto bambini e giovani, nella fascia di età 10-30 anni, e nell’80% dei casi tale disturbo riguarda le donne”. In costoro, il cambiamento di temperatura esterno, sottopone il corpo e la pelle a un aggiustamento dei propri parametri interni necessari per acclimatarsi alle mutate condizioni del tempo. Fisiologicamente tutto ciò corrisponde a uno stress che ha un effetto su tutto il sistema PNEI (Psico – neuro – endocrino – immunologico) coinvolgendo a livello centrale l’ipotalamo che va incontro a una maggiore secrezione di serotonina; l’ipofisi che controlla diversi ormoni che svolgono importanti funzioni fisiologiche; ma anche la tiroide con più produzione di tiroxina; e il surrene con un’anomala produzione di catecolamine. Discorso a parte meritano le sindromi meteoropatiche secondarie. Queste colpiscono circa un quarto della popolazione e a differenza delle forme primarie, si caratterizzano per il peggioramento di alcune malattie croniche e infiammatorie quali la psoriasi, la dermatite seborroica o l’acne. La problematica s’intensifica soprattutto in inverno per diversi motivi. La pelle sensibile, con il freddo va incontro a reazioni anomale. In un clima rigido il film idrolipidico cutaneo si assottiglia e la pelle già stressata diventa più secca, ruvida e screpolata, e ciò induce un peggioramento della tipica sensazione di tiraggio e disidratazione, in particolar modo sulle labbra e sulla pelle del viso e di altre parti normalmente scoperte, come le mani. Ciò accade a causa di una riduzione nella produzione di sebo e a una temporanea insufficienza della barriera cornea. Il freddo, inoltre, causando la restrizione dei vasi sanguigni, provoca disidratazione, soprattutto quando c’è molto vento. E sempre il fenomeno del vasospasmo, ossia il passaggio da una condizione di vasodilatazione a una di vasocostrizione, che si manifesta tipicamente quando si passa dal freddo esterno al calore di un ambiente riparato, provoca arrossamenti cutanei associati a sensazioni di calore e di bruciore: il cosiddetto flushing, immancabile in chi è afflitto da rosacea. A peggiore la situazione: le malattie vascolari periferiche, quelle del tessuto connettivo, in particolare lupus eritematoso, sclerosi sistemica o in associazione con il fenomeno di Raynaud, il fumo di sigaretta. Anche i geloni rappresentano l’esito di una reazione alle basse temperature seguita da un rapido e brusco riscaldamento con una dilatazione dei capillari più rapida che può comportare la fuoriuscita di componenti ematiche e infiammazione nella cute circostante (eritema pernio). Un altro fattore che può peggiorare la sintomatologia dermatologica è legata al tipo di abbigliamento. Gli indumenti di lana o molto pesanti possono indurre maggiore traspirazione che può dar luogo a squilibri nel corretto turn-over cellulare e amplificare sensazioni come quella del prurito, specie a livello di tronco, braccia e gambe. Ad aggravare la ipersensibilità cutanea, soprattutto in città, ci può essere l’aumento dell’ozono e di alcune sostanze provenienti dall’inquinamento atmosferico, il cui potere ossidativo può danneggiare lo strato corneo, favorendo l’ossidazione dei lipidi e delle proteine degli strati più superficiali e la deplezione delle vit. C ed E. Si sa che il freddo provoca fissurazioni e screpolature che è importante trattare per prevenire infezioni secondarie specie in chi soffre di psoriasi. Questi fastidi aumentano in inverno anche per il rallentamento del turn over cellulare e, clinicamente, si manifestano con l’accentuarsi delle classiche squame e del prurito. In tutti questi casi, la pelle non va lavata con prodotti aggressivi ricchi di tensioattivi mentre è fondamentale scegliere prodotti dermo compatibili, efficaci sulla barriera cutanea, che assicurino idratazione e schermatura da freddo e stress ossidativo senza dimenticare una adeguata protezione solare. (D.P.)