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Cure più efficaci grazie al DNA puro

Conservare il DNA prelevato alla nascita permette di scoprire le sue modifiche ed realizzare terapie mirate

Parlare di DNA puro può evocare fantasmi del passato e di un razzismo scientifico. Si rischia di riproporre il tentativo dell’eugenetica e di tutte le teorie e pratiche tesea migliorare la qualità genetica della popolazione. Ma, per fortuna, non è sempre così. Lo studio del DNA umano, infatti, si sta rivelando sempre più utile per la messa a punto di terapie realmente personalizzate ed efficaci per la cura di un numero molto elevato di patologie. Parlando di DNA puro, oggi, non s’intende il risultato di una selezione di caratteristiche ereditabili al fine di migliorare il genere umano, ma di quello prelevato alla nascita. A che scopo? Conservandolo nel tempo, si potranno rilevare le eventuali modificazioni a cui esso andrà incontro durante la vita e, si spera, si potrà quindi intervenire su di esse e, eventualmente, correggerle. Ma andiamo con ordine. Nel corso della vita, diversi fattori concorrono ad apportare modifiche anche importanti alla struttura del nostro DNA e alla sua composizione. Tra questi vanno sicuramente annoverati lo stress, l’inquinamento, l’esposizione prolungata ai raggi UV, stile di vita e comportamenti alimentari sbagliati. Il loro impatto sul nostro organismo provoca modifiche, più o meno lente, tramite l’accensione o lo spegnimento di alcuni geni piuttosto che altri, e oggi sappiamo che ciò spiana la strada a neoplasie, malattie cardiache e respiratorie. Avere un campione di DNA prelevato alla nascita o entro i primi sei mesi, attraverso un campione salivare, permette di comparare il DNA originario, quando non si era ancora affetti dalla malattia e prima dei mutamenti genetici responsabili. In una futura medicina realmente personalizzata, questo potrà dar modo di agire in maniera mirata in caso di necessità indentificando nel dettaglio le alterazioni e attraverso un piano terapeutico adatto. Stiamo parlando di una “medicina di precisione”, una branca della ricerca medica che, anche con l’aiuto delle più recenti applicazioni biomediche e biotecnologiche dell’Intelligenza Artificiale, utilizza le informazioni sul corredo genetico di una persona per formulare terapie paziente-dipendenti. Non stiamo parlando di fantascienza o di un futuro distopico, perché già adesso si è in grado di utilizzare le informazioni sulla composizione genetica per scegliere i farmaci e le relative dosi personalizzate a seconda del paziente ottenendo dunque maggiori risultati terapeutici. Le indagini per l’individuazione del farmaco più adatto vengono effettuate a esempio su persone infette dal virus dell’immunodeficienza umana (HIV). Prima di prescrivere il farmaco antivirale abacavir, i medici testano regolarmente i pazienti per una variante genetica che li rende più propensi ad avere una reazione negativa al farmaco. Un altro esempio è il farmaco per il cancro al seno trastuzumab o anche per la leucemia linfoblastica acuta, in questi casi la Food and Drug Administration statunitense raccomanda test genetici prima di somministrare il farmaco chemioterapico mercaptopurina. La stessa FDA consiglia inoltre ai medici di testare i pazienti affetti da cancro del colon per alcune varianti genetiche prima di somministrare irinotecan, che fa parte di un regime chemioterapico combinato. I farmaci chemioterapici, gefitinib ed erlotinib funzionano molto meglio nei pazienti con cancro ai polmoni i cui tumori hanno un certo cambiamento genetico. Recentemente, inoltre, i ricercatori hanno identificato variazioni genetiche che influenzano la risposta delle persone depresse al citalopram, una classe di farmaci antidepressivi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) ampiamente utilizzata. Secondo alcuni ricercatori, un’altro campo di azione riguarderà la resistenza agli antibiotici che secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, potrebbe causare la morte di 10 milioni di persone all’anno entro il 2050 rendendolo così un problema urgente che richiede un intervento globale. Secondo la Dott.ssa Stefania Fumarola, biologa e responsabile scientifica di “In Scientia Fides“, Biobanca di cellule staminali di San Marino: “Poter analizzare il DNA e identificare la mutazione permette notevoli sviluppi nella medicina di precisione e enormi miglioramenti nella cura dei pazienti attraverso piani terapeutici adatti ad ogni individuo. Fino a poco tempo fa, gli sviluppatori di farmaci utilizzavano un approccio che prevedeva lo screening di sostanze chimiche con un’ampia azione contro una malattia. Ora i ricercatori stanno utilizzando le informazioni genomiche per trovare o progettare farmaci mirati a sottogruppi di pazienti con profili genetici specifici. L’obiettivo è quello di produrre nuovi farmaci che siano altamente efficaci e non causino gravi effetti collaterali”.

Tag:, Last modified: Giugno 28, 2023
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