Written by 11:15 am Psicologia

Piercing da segno distintivo a moda adolescenziale

Bucare l’orecchio alle bambine è un gesto tradizionale da non confondere con il piercing ma non è privo di rischi

La pratica di bucare i lobi delle orecchie per indossare un orecchino è antichissima. Lo testimoniano i monili egizi, etruschi e romani conservati nei musei di tutto il mondo. Il fenomeno sociale del piercing è invece iniziato qualche decennio fa e si è diffuso nel giro di pochissimo tempo, soprattutto tra i giovani sotto i 30 anni. A lanciare la moda furono i punk alla fine degli anni Settanta: spille da balia sulle guance, cerchietti al sopracciglio e poi estensori che dilatano la pelle, facendo quasi assomigliare chi se li applica a membri di remote tribù africane o caraibiche. è negli anni ottanta, poi, che il fenomeno si è diffuso dagli ambienti underground (in quello sadomaso in particolare) alla comunità omosessuale statunitense, fino a divenire simbolo di trasgressione, quasi come scelta di vita estrema. La rivista americana PFIQ fu la prima a pubblicare foto e servizi sull’argomento. In Europa i primi piercing comparvero a Londra e Amsterdam, per poi dilagare in tutto il continente. Oggi è relativamente in voga non solo tra i giovani, ma anche tra persone mature e del tutto integrate. Perché? Il fatto è che oggi il piercing è diventato una scelta essenzialmente estetica. Ci si buca il labbro, l’ombelico o i capezzoli per apparire più interessanti in quanto portatori di una trasgressione ben visibile su proprio corpo. La rivista inglese Body Art ha pubblicato in passato un sondaggio i cui risultati appaiono più che sorprendenti. Il 61% delle donne e il 77% degli uomini portatori di un piercing, apprezzano molto la propria esperienza; rispettivamente, il 67% e il 79% affermano che il piercing ha accentuato molto la sensibilità della parte bucata; mentre per il 65% e il 73%, il piercing si sarebbe rivelato un’occasione di svolta nella propria vita. Evidentemente queste valutazioni, per chi non ha le stesse convinzioni e considera il piercing e l’arte di modificare il proprio corpo in modo permanente (tatuaggi, marchi a fuoco, incisioni) si tratta di pratiche, seppure molto antiche, ai limiti della follia. Nessuno nega che fin dalla preistoria, l’uomo abbia agito sul proprio corpo trasformandolo, marchiandolo, dipingendolo, fondamentalmente per un bisogno istintivo di appartenenza alla propria comunità. Dal punto di vista culturale è interessante sapere che secondo alcuni antropologi, in questo processo si ritroverebbero i primi segni di civilizzazione, di ricerca dell’identità degli esseri umani alle prese con la necessità di differenziarsi dagli altri. E che all’interno delle società tribali, questi interventi servivano a distinguere i ruoli e a regolare i rapporti tra gli individui nella vita quotidiana rendendo palesi, al semplice sguardo, tutta una serie di informazioni sull’individuo e la sua tribù. Presso i pellerossa americani, per esempio, l’intervento doloroso sul proprio corpo simboleggiava l’iniziazione all’età adulta. Questo passaggio violento era interpretato come una morte e una contemporanea rinascita, un momento che andava impresso sul proprio corpo e durare per tutta la vita. Ancora oggi alcune popolazioni africane praticano interventi estremi come la limatura dei denti, l’allungamento del collo o delle labbra, il restringimento del giro vita, dei piedi, del cranio. Le donne berbere del Marocco tatuano le mani, i Maori il volto. Nel mondo mondo occidentale, però, è difficile credere che intervenire sul proprio corpo, possa servire a riconoscergli un valore spirituale, sacro. Eppure per alcune piccole comunità primitivo-futuriste (i più famosi sono i Mutoids che vivono stabilmente a Sant’Arcangelo di Romagna) la body art sarebbe una vera e propria scelta di vita, molto diversa da chi ricorre alla chirurgia estetica. Affermazione che cozza con indagini che dicono che la stragrande maggioranza di persone che si sottopongono a un piercing lo fa per una scelta meramente estetica, compiuta spesso per emulazione. E in questo consiste il paradosso: la moda (per definizione effimera, passeggera) impone scelte sempre più permanenti. Se il piercing diventa un obbligo, un ornamento cui non si può rinunciare, infilarsi una spilla sulla narice o sul labbro non è più una decisione totalmente libera. Specie se la moda di “abbellire” il proprio corpo attrae gli adolescenti e i giovani adulti, allora diventa una pratica da non sottovalutare, in quanto diversa dal bucare le orecchie alle bambine. Un gesto che in Italia è ancora tradizionale, spesso favorito dai genitori che così rispondono alle richieste delle proprie figlie desiderose di sfoggiare i loro primi orecchini, magari emulando le proprie mamme. Sappiamo che talvolta, purtroppo, sono addirittura i genitori che richiedono all’ostetrica dell’ospedale di praticare i buchi alla nascita, inconsapevoli della possibilità di favorire reazioni di tipo allergico. Secondo i dermatologi, infatti, sarebbe più opportuno attendere almeno i 6 anni perché il sistema immunitario è più maturo e offre una maggiore resistenza nei confronti sia di infezioni, sia delle allergie, rare ma pur sempre possibili. Riguardo agli orecchini, difficilmente i genitori chiedono un parere al pediatra, che oltre che allertarli sui possibili rischi non può che suggerire alcune accortezze da prendere: evitare il fai da te, diffidare delle pistole spara orecchini, perché il metodo migliore per evitare le infezioni rimane l’utilizzo di un ago sterilizzato. Procedura da effettuare in totale sicurezza usando un ago cannula per la perforazione del lobo centrale e successivamente per infilare l’orecchino sterilizzato nella cannula. La pistola spara orecchini a differenza dell’ago è un metodo più rapido e meno doloroso ma fa più danni ai tessuti del lobo dell’orecchio con il rischio di formazione di cheloidi intorno al foro. Inoltre, il foro deve essere fatto in modo centrale, non troppo basso, per evitare che crescendo ci possano essere dei problemi. Anche per questo motivo è da preferire attendere che le bambine siano più grandi. Per i maschietti, la moda dell’orecchino o del piercing arriva più tardi rispetto al sesso femminile e gli adolescenti prediligono altre parti del corpo (sopracciglia, naso, labbra etc.). Ancora più attenzione va posta per l’inserimento di gioielli proprio nelle parti molli come la lingua, il labbro o la palpebra dove possono determinare microtraumi ai tessuti e, in caso d’incidenti, danni gravi. In tutti i casi importantissima è l’igiene. La sede del foro va pulita con una soluzione fisiologica almeno due volte al giorno nel primo mese per evitare la possibile formazione di infezioni batteriche. Gran parte delle reazioni allergiche sono dovute soprattuto alla scelta dei materiali di composizione dell’orecchino o del piercing, ed è sempre meglio evitare il nichel e ricorrere a leghe o materiali ipoallergici. Se intorno al buco si crea un arrossamento o gonfiore l’indicazione è di utilizzare una crema antibiotica a largo spettro. L’American Academy of Pediatrics ha pubblicato un rapporto clinico sulle potenziali conseguenze e sui rischi per la salute del piercing negli adolescenti e nei giovani adulti, scritto dai Prof.ri Breuner e Levine, rispettivamente pediatra generico e professore di pediatria alla Morehouse School of Medicine di Atlanta. Secondo lo studio, il numero di giovani adulti che vogliono farsi un piercing è in aumento. Gli autori fanno una chiara distinzione tra modifiche corporee auto-selezionate e autolesionismo, e spiegano come vari metodi di tatuaggio, piercing, trucco permanente, tinture della pelle all’henné, scarificazione e stiramento dell’orecchio stanno determinando la nascita di nuove figure professionali. Secondo il rapporto, fra tutti i siti di piercing, l’ombelico è quello che impiega più tempo per guarire completamente, fino a nove mesi. Complicazioni da piercing possono includere gravi infezioni, reazioni allergiche o cheloidi. Secondo i due studiosi una cosa di cui i genitori dovrebbero tener conto quando danno il permesso al loro figlio di agire sul proprio corpo è che se c’è una predisposizione familiare a formare cheloidi, è probabile che il piercing si rivelerà un disastro, anche dal punto di vista estetico. Il rapporto ha acceso i riflettori sulle implicazioni sociali del piercing in giovane età, sul modo in cui alcuni datori di lavoro disapprovano questi elementi estranei e visibili sul volto, senza dimenticare che tanti adolescenti tendono a pentirsi di scelte irragionevoli e affrettate. Rimuovere un piercing semipermanente, può essere costoso e talvolta di difficile esecuzione. Per concludere, secondo i ricercatori, spesso scegliere di farsi un piercing è una sfida nei riguardi dei genitori, degli insegnanti, della società, e porre divieti non motivati può rafforzare il conflitto generazionale nell’adolescente. All’opposto, però, non bisogna indulgere nell’accondiscendenza passiva. Il comportamento raccomandato è di non imporre ma essere capaci di ascoltare e spiegare i pro e i contro di una decisione che dura una intera vita.

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Tag:, , , , Last modified: Marzo 20, 2023
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