La causa principale è determinata dalla fisiologica immaturità immunologica dei bambini
Dott.ssa Flavia Correale, Medico Specialista in Pediatria ed Endocrinologia, Università Ferico II, Napoli
Dalla febbre al raffreddore, ma anche tosse e bronchiti, fino a quadri infettivi più complessi come le polmoniti. Sono queste le infezioni ricorrenti: ovvero quegli episodi ripetuti per lo più a carico dell’apparato respiratorio che si manifestano in età pediatrica. Patologie tra le più comuni che colpiscono prevalentemente la fascia d’età compresa tra 0 e 16 anni. Fondamentale quindi per i genitori, è ricostruire insieme al pediatra l’anamnesi attraverso la descrizione dei sintomi, la frequenza degli stessi, l’intensità, la stagionalità, la storia familiare al fine di valutare il percorso terapeutico da intraprendere. Le prime infezioni si presentano soprattutto in coincidenza della prima scolarizzazione del bambino, che di solito avviene con l’ingresso all’asilo, e sono più frequenti durante le stagioni fredde, quando i bambini trascorrono gran parte del tempo in luoghi chiusi e promiscui. Per questo, l’ambiente in cui vive il piccolo, deve essere il più salutare possibile. Bisogna inoltre insegnargli a seguire scrupolosamente alcune norme igieniche basilari, come lavare spesso le mani, tossire e starnutire coprendo naso e bocca, e soprattutto sottoporlo alle vaccinazioni previste per aiutarlo a difendersi da tante patologie. Allo stesso tempo, è quasi superfluo ricordare ai genitori, che un’alimentazione equilibrata e sana, aiuta a crescere in modo armonico garantendo sostanze davvero preziose come le vitamine C e D, che aiutano a proteggere i più piccini e difenderli dalle infezioni. Purtroppo, non esiste un rimedio o un farmaco speciale per evitare che il bambino si ammali e, come insiste la dottoressa Flavia Correale, pediatra di Napoli “ai genitori allarmati per la presunta cagionevolezza del bambino andrebbe semplicemente detto che le infezioni respiratorie sono proprio “ricorrenti” nei bambini piccoli, soprattutto quelli sotto i due anni, semplicemente perché non hanno ancora un sistema immunitario sufficientemente maturo, non avendo avuto modo di entrare in contatto con virus e batteri e quindi non essendo in grado di riconoscerli per reagire prontamente”.
Quindi è normale per un bambino ammalarsi spesso?
In un certo senso sì. I bambini devono ammalarsi, fa parte della loro crescita sia fisica che immunitaria per produrre sempre più anticorpi di protezione. Ormai sappiamo che statisticamente oltre il 6% dei bambini italiani sotto i 6 anni presenta queste problematiche con un picco di incidenza nei primi due anni, in concomitanza con l’inserimento all’asilo o alla scuola materna. Sono infezioni prevalentemente nelle alte vie respiratorie e ricorrenti soprattutto durante il periodo autunnale e invernale. Nella maggior parte dei casi, però, come sappiamo, sono di modesta entità con naturale tendenza alla risoluzione spontanea. Oltre l’80% dei bambini guarisce verso i 5 anni senza conseguenze o esiti patologici nel tempo. Il vero problema, invece, appare di tipo organizzativo perché entrambi i genitori spesso lavorano, i nonni non sono disponibili e i costi di una baby sitter difficili da gestire. è così che in questi casi noi pediatri siamo chiamati a terapie più “aggressive” per interrompere questa catena di eventi. Il nostro compito è quindi duplice: rassicurare i genitori e informandoli che il problema si risolverà da solo con la crescita, ma assicurare cure efficaci e prontamente risolutive.
Cosa prescrive contro questo tipo di infezioni?
Per limitare il numero di episodi infettivi delle vie aeree vanno identificati ed eliminati i possibili fattori di rischio, soprattutto di origine ambientale, che favoriscono i patogeni. Primo tra tutti l’allattamento artificiale già nei primi mesi di vita; l’esposizione dei bambini al fumo passivo; una socializzazione troppo precoce, perché statisticamente circa il 70% dei casi coinvolge le scuole materne e gli asili.
Quando deve preoccuparsi il genitore?
Esistono casi in cui le infezioni respiratorie ripetute sono la spia di un problema, per esempio di un difetto, magari transitorio, del sistema di difesa, oppure di una malformazione o di una malattia di base come una fibrosi cistica che devono essere diagnosticate e affrontate. Questi casi vanno riconosciuti tempestivamente attraverso la raccolta della storia clinica con domande mirate a conoscere il numero di episodi, per valutare la loro gravità, l’accrescimento e le condizioni del bambino. Grande attenzione ai sintomi generali (febbre, astenia, eventuale disidratazione, rallentamento dell’accrescimento, difficolta ad alimentarsi, difficoltà respiratorie, durata dei sintomi) e alla diagnostica differenziale che si effettua visitando il bambino. Se si sospetta una patologia sottostante, la richiesta di alcuni esami rischia di spaventare i genitori, ma va loro spiegato che e i risultati e l’osservazione clinica nel tempo, servono proprio a formulare la diagnosi e la terapia più corrette, o anche una possibile strategia preventiva.
I genitori capiscono la differenza tra malattie batteriche e virali?
Difficilmente. Schematicamente io li informo che gli agenti patogeni responsabili delle infezioni respiratorie ricorrenti variano a seconda del tratto colpito: per le alte vie respiratorie come rinite, laringotonsillite e otite l’eziologia è virale nel 95% dei casi. Insisto molto sul fatto che queste patologie non sono così rilevanti e che eventuali indagini di laboratorio si fanno solo per escludere sovrainfezioni batteriche o per differenziarle con eventuali problemi allergici. Li vedo però perplessi, nella maggioranza dei casi, quando li informo che il loro figliolo non necessita di alcun trattamento se non quello sintomatico, e che quindi va evitato il più possibile l’uso degli antibiotici. Educare e tranquillizzare i genitori sulla benignità e transitorietà di molte infezioni delle vie respiratorie è l’aspetto più difficile. Sarebbe più semplice accontentare le loro aspettative farmacologiche, ma questa scelta, che considero altamente etica, può non essere capita dai genitori.
Convalescenza e prevenzione delle ricadute?
La convalescenza dopo ogni episodio infettivo, che dovrebbe prevedere un adeguato periodo di allontanamento dagli ambienti promiscui e un’adeguata osservazione, è spesso un problema per i problemi familiari già descritti. Per ridurre i fattori favorenti le recidive, si può consigliare ai genitori di scegliere un asilo il più possibile aereggiato, dotato, cioè, di stanze ampie con buona ventilazione in modo da garantire la rimozione dei virus patogeni nell’aria.
Antibiotici, si o no, con che raccomandazioni?
Nel caso di infezioni delle basse vie come bronchiti e polmoniti, nel 45% dei casi i bambini presentano culture batteriche positive, e io tendo a prescrivere antibiotici mirati sebbene solo una piccola parte di pazienti ne benefici realmente perché, è ormai noto che a causa della iperprescrizione molti ceppi batterici hanno sviluppato resistenze. Per ovviare a questo problema si è pensato di cambiare strategia: dalla terapia dell’episodio acuto alla prevenzione dello stesso. Per esempio numerosi studi clinici hanno dimostrato che bambini che ogni anno si sottopongono a vaccinazioni stagionali antiinfluenzali presentano una riduzione delle infezioni ricorrenti in maniera superiore a quelli sottoposti a prescrizione di antibiotici, e inoltre godono di un più lungo periodo intercritico di benessere. A mio parere una terapia efficace si avvale dell’impiego di farmaci immunomodulatori, capaci di migliorare l’immunità non specifica e la resistenza alle infezioni. Buoni i risultati dai derivati batterici come frazioni ribosomiali, antigeniche, glicoproteine, lisati batterici o composti sintetici come metisoprinolo in grado di aumentare le IgA IgM e IgG sieriche specifiche immunitarie.
Si può stimolare il sistema immunitario dei più piccoli?
Nei bambini, con la crescita, sistema immunitario diventa sempre più competente cioè in grado di sviluppare le difese che lo proteggono da malattie e infezioni attraverso la produzione di anticorpi che contrastano gli agenti potenzialmente nocivi. Ciò detto, la battaglia che la pediatria sta combattendo da diversi decenni si motiva con la consapevolezza che, se i primi anticorpi i bambini li ricevono ancora prima della nascita attraverso la placenta, l’allattamento materno diventa cruciale perché oltre alle sostanze nutritive, il latte materno trasmette un ricco tesoro di batteri, diciamo, benefici, che rappresentano l’inizio del microbiota che, colonizzando l’apparato gastrointestinale, aiuterà a formare una barriera contro agenti patogeni esterni aumentando sensibilmente il livello di protezione. Ciò spiega perché i bambini allattati al seno tendono ad avere delle difese immunitarie più forti rispetto a chi è stato allattato artificialmente che, alla lunga, risulta più cagionevole. In questi casi, a parer mio, è consigliabile prescrivere degli integratori specifici che contengono colostro bovino e fermenti lattici come il bifidobacterium infantis che servono a sopperire a tale carenza. Qui le segnalo un’altra criticità che emerge nl confronto con i genitori. L’altra modalità con cui il sistema immunitario del bambino è stimolato dipende dal contatto con il modo esterno, ecco perché va raccomandato che egli possa giocare in ambienti puliti ma non troppo sterili e soprattutto sterilizzati, in quanto la totale assenza di agenti patogeni limita lo sviluppo delle loro difese. Provi a pensare come reagiscono mamma e papà alla notizia che una certa quantità di microorganismi è necessaria per la salute del figliolo… Per fortuna che s’incontrano sempre meno difficoltà a convincerli rispetto alle vaccinazioni, anche se le polemiche relative ai vaccini anti-covid hanno riattivato vecchi dubbi.
Se il bambino si alimenta in maniera scorretta è più esposto alle infezioni?
Assolutamente si! Sempre più frequentemente incontro nelle mie visite bambini deboli con alimentazioni disordinate e povere dal punto di vista nutrizionale. Dopo l’allattamento per favorire le difese immunitarie necessita un’alimentazione bilanciata fin dallo svezzamento con tutti i macronutrienti: carboidrati, grassi e proteine e le giuste quantità dei micronutrienti come vitamine e sali minerali.
Cosa dice a genitori che scelgono una dieta vegana?
Che le vitamine nostre alleate, come la vit. C e alcune del gruppo B, sono presenti nei frutti aciduli e nelle verdure a foglie verdi ma, per esempio, la B12 è presente solo in carne e pesce, e quindi va necessariamente integrata. Lo stesso discorso vale per la vit. D, assimilabile con cibi come uova e formaggi, ma ancor più con il salmone, lo sgombro e altri pesci grassi. Per rafforzare le difese immunitarie dei loro figli raccomando yogurt, ricco in probiotici e fermenti lattici utili per l’equilibrio intestinale; i legumi, che oltre a essere fonte di carboidrati e proteine sono ricchi di fibre. Attenzione però a non usare quelli decorticati se i bambini hanno meno di 5 mesi. Le carote sono fonte di vit. A e C, ottimi immunostimolanti naturali; in particolare il kiwi ha fra le più alte concentrazioni di vit.C; l’avocado è fonte di vit. E e di minerali e lo si può introdurre nella dieta a partire dai tre anni; da suggerire i frutti di bosco e gli spinaci, facili da somministrare anche in fase di svezzamento, perché forniscono fibre e vitamine; le banane, molto amate dai più piccoli, il contenuto in sali minerali; i cereali integrali come farro e orzo, perché contribuiscono alla formazione della flora intestinale. Mi sono resa conto che se queste cose le si spiegano con pazienza, usando il linguaggio più comprensibile, i genitori tendono a collaborare.