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Carenza di zolfo: un problema per pelle, capelli e unghie

La tricotiodistrofia è una rarissima malattia genetica causata dalla mancanza di zolfo

Che puzza di zolfo! Quante volte abbiamo esclamato queste parole quando ci siamo trovati a passare vicino a una fabbrica oppure dopo il passaggio di qualche automobile? Ciò che però siamo abituati a considerare solo per il suo olezzo, è in realtà uno degli elementi più importanti esistenti in natura e non solo per gli utilizzi che se ne fanno a livello industriale o agricolo ma anche per l’importanza che riveste per la nostra salute. Come è ormai chiaro da decenni, oltre a essere la base di numerosi composti chimici, lo zolfo è indispensabile per la vita ed è presente in tutti gli esseri viventi sotto forma di due amminoacidi, la cisteina e la metionina, e di conseguenza in molte proteine. Una sua carenza, o viceversa un suo eccesso può quindi essere alla base di diversi disturbi fisici. Come la tricotiodistrofia. Scoperta nel 1979 dalla dottoressa Vera Price, la TDD, questo il suo acronimo, indica un gruppo eterogeneo di malattie genetiche autosomiche e recessive caratterizzate da una carenza di zolfo (secondaria a una anomalia della sintesi delle cheratine che contengono zolfo). Le tricotidistrofie sono rarissime (in Italia sono stati descritti 11 casi su un centinaio presenti nel mondo). In queste malattie le alterazioni coinvolgono le ciglia, le sopracciglia, la cute e gli annessi, in primis unghie e capelli. Questi ultimi, in particolare, risultano estremamente fragili e si presentano corti e fram­mentati mentre appaiono colorati con strisce chiare e scure, come se fossero “tigrati”. Sono inoltre presenti delle fratture del fusto tipo la tricoressi nodosa e la tricoschisi. Spesso, inoltre, le alterazioni sono associate a ritardo mentale. A livello medico, la patologia è inquadrata nell’ambito della Dermatologia pediatrica. Difficile da diagnosticare con un esame superficiale, in quanto le sue manifestazioni cliniche differiscono da un paziente all’altro, per essere sicuri di avere a che fare con la tricotiodistrofia, è necessario eseguire un esame tricologico al microsco­pio. La composizione aminoacidica delle proteine del capello risulterà molto diver­sa rispetto al normale, per l’incremento di sostanze sostitutive dello zolfo come aci­do aspartico, metionina, alanina, leucina eccetera. La tricotiodistrofia è presente in numerosi quadri clinici, come la sindrome BIDS (TTD di tipo D, o sindrome Amish-capelli fragili), la sindrome IBIDS (TTD tipo E o sindrome di Tay), la sindrome PIBIDS (TTD di tipo F), la sindrome di Sabinas (TTD di tipo B), la sindrome SIBIDS, l’ONMRS (sindrome di Itin) e la sindrome di Pollitt (TTD tipo C), e si associa alla sintomatologia di varie malattie rare, correlandosi principalmente a sintomi di disturbi dermatologici come l’ittiosi congenita e la displasia ungueale e più genericamente ad anomalie di origine ectodermica e neuroectodermica. La patologia si presenta alla nascita in correlazione con altri sintomi: gran parte dei pazienti (circa la metà) può avere una forte fotosensibilità, secondaria a anomalie da difetto di riparo del DNA danneggiato dai raggi ultravioletti. In molti casi, il problema del riparo del DNA è simile a quello osservato nello xeroderma pigmentoso, tipo D. La maggior parte dei pazienti fotosensibili (95%) presenta una mutazione del gene XPD (ERCC2), localizzato in 19q13.2-q13.3. I restanti casi sono dovuti a mutazioni del gene XPB. Per i pazienti affetti da tricotiodistrofia senza fotosensibilità, invece, non è stata ancora isolata una mutazione genetica precisa. Nei casi italiani si sono identificate 8 differenti variazioni genetiche: la mutazione del gene ARG112his è quella più presente. In quasi tutti i casi, infine, i pazienti presentano unghie distrofiche. Purtroppo a oggi, non esistono ancora delle cure. Tuttavia, l’espressione clinica della TTD, ha indotto a credere che vi siano in gioco anche difetti di trascrizione del DNA che in un futuro prossimo potrebbero essere modificati preventivamente al fine di correggere tali anomalie. La diagnosi differenziale si pone con l’alopecia congenita mentre quella prenatale è possibile, attraverso la misurazione del grado di riparo del DNA nel trofoblasto o sugli amniociti.

(In apertura: la piccola Nadia Nerea, spagnola, in una foto di circa 10 anni fa. La bambina, affetta da tricotiodistrofia, fu al centro di una campagna di raccolta fondi che sensibilizzò molto l’opinione pubblica spagnola su questa patologia estremamente rara).

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Tag:, , Last modified: Marzo 14, 2023
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