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Allarme disagio per i giovani: aiutarli per non perderli

Uno studio dell’Unicef rivela: il suicidio è la seconda causa di morte per i giovani tra i 10 e i 19 anni

Qualche mese fa, esattamente nell’agosto scorso, ha suscitato non poco clamore la pubblicazione di un report dell’Unicef sullo stato di salute mentale dei giovani tra i 10 e i 19 anni in Europa. Secondo il report, cui è stato dato ampio risalto da tutte le agenzie stampa italiane, nel vecchio continente sarebbero circa 9 milioni gli individui in questa fascia di età che convivono con un disturbo legato alla salute mentale e il suicidio rappresenta la seconda causa di morte tra i giovani, con una media di 3 ragazzi al giorno che si tolgono la vita (1200 ogni anno). Una cifra elevatissima se si considera che solo gli incidenti stradali causano più decessi tra i giovani della stessa fascia d’età. Fermandoci alle cifre italiane, secondo una stima del 2019, che risulta incrementata a causa delle conseguenze delle restrizioni Covid e della mancata socializzazione nel periodo della pandemia, sarebbe circa il 16,6% dei ragazzi e delle ragazze fra i 10 e i 19 anni a soffrire di problemi legati alla salute mentale, per un totale di 956.000 individui. Sappiamo anche che la percentuale è più alta tra le ragazze (17,2%, pari a 478.554) rispetto ai ragazzi (16,1%, pari a 477.518). Per quanto riguarda i suicidi, invece, le percentuali si ribaltano e c’è una percentuale maggiore tra i ragazzi (69%) rispetto alle ragazze (31%), mentre la fascia di età più colpita è fra i 15 e i 19 anni (1.037) ma impressiona anche il dato riferito al range di età tra i 10 e i 14 anni (161). Un danno non solo umano e morale che getta una forte ombra sugli strumenti educativi dei paesi occidentali ma che si traduce anche in una perdita sociale ed economica, come spiegato da Geert Cappelaere, Rappresentante Unicef per le Istituzioni dell’Unione Europea che ha commentato i dati raccolti sottolineando, tra le altre cose, come la perdita annuale di capitale umano che deriva dalle condizioni generali di salute mentale in Europa tra i bambini e i giovani tra 0 e 19 anni è di circa 50 miliardi di euro. Le cifre raccolte, comunque, non sono state un fulmine a ciel sereno. Anche nel 2019, infatti, durante il congresso “Napule è… Pediatria preventiva e sociale”, organizzato dalla SIPPS (Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale), erano stati diramati dati similari con una puntualizzazione ancora più preoccupante: anche nell’ambito degli incidenti stradali, esiste un tipo di morte chiamata parasuicidaria. A spiegare di cosa si tratta fu Immacolata D’Errico, psichiatra e psicoterapeuta: “I parasuicidi sono quelle morti frutto di giochi perversi durante i quali si attraversano le strade con i semafori spenti o le strade a scorrimento veloce, alla ricerca dell’accettazione da parte di un gruppo o di scariche di adrenalina che riempiano un vuoto esistenziale. In questi gesti non c’è intenzione suicidaria, ma ci sono la consapevolezza del rischio della morte e il gusto di sfidare proprio quel rischio”. Per quanto riguarda invece i suicidi prima dei 15 anni, la D’Errico sembrava non avere dubbi: “I ragazzi tra i 12 e i 15 anni, vivono il periodo di passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Si tratta di un periodo molto controverso. Credo che i suicidi in adolescenza debbano essere visti e letti in funzione di questo momento critico di acquisizione dell’identità, estremamente travagliato. I ragazzini vivono una fase di transizione dall’intelligenza concreta a quella astratta, di costruzione della mera rappresentazione, ma ancora queste competenze sono in definizione. Ad esempio, i dodicenni non hanno tutti gli strumenti per interpretare alcuni eventi che gli capitano, né l’assetto neuronale che gli permetta di elaborare dei temi complessi. Per questo noi assistiamo a tentativi di suicidio, che sono più frequenti in tale fase rispetto a tutte le altre età della vita. In adolescenza si vive questo paradosso: doversi occupare di temi serissimi, legati all’acquisizione dell’identità, con un assetto neuronale e cerebrale ancora immaturo“. Al passaggio di maturazione si aggiungono, poi, alcuni aspetti legati alla società. “Questa è la generazione figlia di internet, che si muove nel non luogo della rete, dove esiste un flusso indistinto di coscienze e di persone che si conoscono in un luogo virtuale senza mai incontrarsi di persona. I nostri adolescenti vivono quindi relazioni particolari, alla base delle quali c’è la solitudine, lo stare soli anche davanti a un computer“. Cosa consigliare ai genitori per intercettare eventuali segnali di disagio nei figli? Secondo la D’Errico “non possiamo parlare di campanelli d’allarme, né di elementi predisponenti ma ci sono una vulnerabilità e una dimensione depressiva associate a una dimensione impulsiva, a una bassa resilienza e alla difficoltà a elaborare il dolore. Uno dei problemi è l’incapacità di affrontare il primo grande dolore perché si cerca di risparmiare loro ogni difficoltà, ogni sofferenza. E così, davanti a questi primi eventi gli adolescenti sono soli, anche perché i loro coetanei hanno gli stessi inadeguati strumenti per affrontare quella situazione e non sono presenti fisicamente, ma spesso solo in forma virtuale. È in questo momento che scatta la cosiddetta ‘ideazione prevalente’ del gesto suicidario. Se si intercetta questo momento, qualcosa si può fare per fermare il processo“. Per la psicoterapeuta infine “le perturbazioni emotive sono tipiche dell’adolescenza, ma vanno distinte rispetto ai fenomeni depressivi. È molto importante parlare, non nascondere niente ai ragazzi e trattare anche un fenomeno come il suicidio tra i loro coetanei. Bisognerebbe parlarne non solo in famiglia, ma anche nelle scuole“.

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Tag:, , Last modified: Marzo 15, 2023
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