Oltre ad essere lo scopritore della eritromelagia, Silas Weir Mitchell fu anche l’ideatore della terapia della paradossale e incredibile rest cure, detta anche trattamento Weir Mitchell, per le donne affette da esaurimento nervoso. Secondo la medicina dell’epoca, patologie come la nevrastenia, l’ipocondria e l’isteria erano originate da lesioni della corteccia cerebrale e i loro sintomi potevano essere considerati come una sola cosa. Oltre alle malattie sopra indicate, Mitchell era convinto che la sua “terapia” potesse essere estesa per curare patologie cardiache come la valvulopatia, renali come il morbo di Bright ed altre malattie come la meningite. Nell’epoca vittoriana in Inghilterra e negli Stati Uniti c’era un numero incalcolabile di donne cui venivano diagnosticate malattie nervose per le quali Mitchell provò a mettere a punto un metodo che ne individuasse la causa scatenante al pari di una cura che fosse efficace per ogni malattia della mente. La prima occasione in cui il dottor Mitchell scrisse di aver ottenuto i primi successi nella cura della atassia motoria fu nel 1872, ma allo stesso tempo sostenne anche che le donne della sua epoca erano colpite da nevrastenia a causa, non solo del sovraffaticamento del lavoro domestico, ma soprattutto per l’eccessiva applicazione negli studi (soprattutto durante i periodi di maggiore produzione ormonale) e dello stress causato dalla partecipazione alla mondanità ed alle relazioni sociali. La prima fase del suo trattamento quindi consisteva nell’affidamento della paziente alle cure del medico che avrebbe assunto il così controllo totale sulla sua persona. In questa fase il medico doveva chiarire alla paziente che i suoi sentimenti, le sue preoccupazioni e le sue rimostranze sarebbero state ignorate per tutta la terapia. La cura iniziava con il riposo assoluto: confinamento in camera da letto per periodi che andavano dalle sei settimane ai due mesi (ma il periodo poteva essere prolungato). Lo scopo era di eliminare a livello fisiologico qualsiasi forma di fatica fisica e quindi mentale. Alle pazienti era proibito di alzarsi dal letto, di alimentarsi da sole (venivano imboccate da un’infermiera che aveva anche il compito di lavarle), di sedersi, di cucire o di leggere o scrivere, o di fare uso delle mani se non per pulirsi i denti. Per bilanciare gli effetti negativi di questa immobilità prolungata, la paziente veniva sottoposta a trattamenti di stimolo muscolare passivo, quali il massaggio, l’idroterapia ma anche la elettroterapia. A volte, per “facilitare” il riposo ed il rilassamento, venivano somministrati sonniferi, in concomitanza all’assunzione di pillole nutrienti e tonici. Proibite le visite da parte dei familiari anche i più stretti ed era vietato qualsiasi contatto col mondo esterno come, per esempio, la lettura di una rivista. Infine, la paziente veniva sottoposta a diete ipernutrienti unicamente a base di latte, somministrato in quattro dosi ogni due ore con il preciso scopo di farla ingrassare in quanto Mitchell riteneva che il sovrappeso fosse un rimedio naturale contro il sovraffaticamento morale o psicologico ed addirittura contro qualsiasi forma di febbre.
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