La leggenda narra che l’orzaiolo sia causato dalla maledizione lanciata da una donna incinta…
Fino a qualche anno fa, nei piccoli paesi dell’entroterra italiano, si diceva che se qualcuno era colpito da un orzaiolo, la colpa era da attribuire a una maledizione lanciata da una donna incinta cui non era stato dato il cibo che più desiderava. Curiosità a parte, tale narrazione non teneva assolutamente conto del fatto che spesso l’orzaiolo colpisce i bambini e che difficilmente questi ultimi hanno diritto di scelta sul menu che si serve in tavola. Ma la tradizione orale ci ha regalato anche altre perle riguardo questo fastidioso e antiestetico disturbo. In Lunigiana, la tradizione voleva che per guarire l’orzaiolo occorresse l’intercessione di un professionista della magia: un “segnatore” che doveva imporre sull’occhio il segno della croce con mano provvista di anello d’argento, oppure mimare l’atto di cucire l’occhio malato con ago e filo. Altre pratiche ai limiti della stregoneria prevedono che il malato poggi l’occhio all’imboccatura di una bottiglia d’olio, guardando il fondo della stessa per alcuni secondi, mentre l’esperienza contadina ci parla di rimedi a base di erbe medicinali, alcuni dei quali sono poco consigliabili, tipo fare impacchi sugli occhi utilizzando latte di fico, un liquido notoriamente acido. Fortunatamente oggi l’orzaiolo non ha più segreti e la medicina ha chiarito, al di là dei miti, sia la fisopatologia che il migliore approccio terapeutico. Andiamo in ordine. Il termine Orzaiolo proviene dal tardo latino hordeolu(m), da hordeum = “orzo”, per la sua somiglianza, appunto, con un chicco d’orzo. I sintomi si concretizzano in un rigonfiamento della palpebra, spesso accompagnato da senso di peso cui segue il dolore che dipende dal grado di tumefazione raggiunto. Completano il quadro clinico: senso di bruciore, lacrimazione eccessiva e fastidio quando l’occhio è esposto alla luce. Al centro dell’orzaiolo può comparire una piccola pustola di colore giallastro, contenente pus. La causa di tutto ciò è in realtà una infiammazione che colpisce le ghiandole sebacee delle palpebre, localizzate alla base delle ciglia. Semplificando al massimo potremmo dire che l’orzaiolo è un “foruncolo” che si forma in un bulbo pilifero. E’ prodotto da una infezione batterica provocata generalmente da uno stafilococco, che aggredisce la palpebra e ostruisce il dotto escretore da cui ordinariamente esce il sebo che va ad ammorbidire le ciglia, dando luogo al fenomeno. L’orzaiolo può essere esterno (ed è la forma più lieve), se interessa una ghiandola di Zeiss, oppure interno quando il processo infiammatorio investe le ghiandole di Meibomio (dal nome dal medico tedesco del XVII secolo Heinrich Meibom). Quest’ultimo tipo di orzaiolo, leggermente più grave, deve essere curato con maggiore attenzione. Ma quali sono in sintesi i fastidi di chi si ritrova un orzaiolo sulla palpebra? La sua presenza si traduce in difficoltà, se non impossibilità nel portare le lenti a contatto, per le donne il trucco con mascara, eye liner e ombretto è rimandato a data da destinarsi, con conseguenti, inevitabili, ricadute sulla vita sociale e mondana. Per i bimbi, il fastidio da origine a lacrimoni e divieto tassativo da parte dei genitori di strofinarsi gli occhi. I bambini sono i soggetti maggiormente esposti a recidive anche perché è più difficile far seguire loro le norme igieniche di profilassi. Ma sono soggetti a rischio anche coloro che presentano patologie del sistema linfatico, diabetici, oppure individui affetti da disturbi digestivi. Spesso l’orzaiolo compare in seguito a una debilitazione del sistema immunitario che può essere dovuta a stress oppure a una infiammazione causata dal contatto con acqua salata o clorata, che può facilitare la sua insorgenza. Questo indica che più in generale è soggetto a orzaioli chi conduce una vita frenetica, mangiando in fretta e male, toccandosi gli occhi nervosamente con le mani non deterse e dotato di un sistema immunitario a terra per il poco riposo. Un discoro a parte riguarda la pulizia dei locali dove si svolgono le attività sportive, perché l’umidità e il vapore facilitano l’infezione. La prevenzione di questo disturbo è semplice: toccare gli occhi solo con le mani perfettamente pulite ed effettuare, se si è soggetti predisposti, la rimozione degli eccessi di sebo dalle ciglia, magari con uno shampoo estremamente delicato. Nel campo delle cure da intraprendere, rimedi “empirici” a parte, l’orzaiolo regredisce spontaneamente, altrimenti per lenire il dolore e favorire la pulizia del dotto escretore e la normale ripresa di produzione di sebo, possono risultare utili gli impacchi alla camomilla. Ma se l’orzaiolo è interno e quindi il rischio di estensione dell’infezione è alto, con una lesione che tarda a risolversi spontaneamente, una visita specialistica è indispensabile. Di norma la prescrizione ricade su colliri e pomate a base di antibiotici da soli o uniti a cortisone. Un’avvertenza diventa fondamentale: non bisogna assolutamente cedere alla tentazione di strizzare un orzaiolo poiché in questo modo si rischia di estendere l’infezione a tutto l’occhio. Infine, un dovuto ricordo clinico: bisogna distinguere tra orzaiolo e calazio. Quest’ultimo è una forma cronica, che impiega diverse settimane a svilupparsi e si verifica quando il dotto escretore della ghiandola di Meibomio si occlude completamente formando un’infiammazione granulomatosa che dà luogo ad una tumefazione della palpebra superiore od inferiore. Di solito non procura dolore ma può arrivare a raggiungere le dimensioni di un pisello. A differenza dell’orzaiolo, la regressione spontanea è rara: a volte si ottengono risultati trattando la parte con pomate a base di ittiolo e zinco ma nella maggior parte dei casi la terapia per asportare la sostanza granulomatosa è chirurgica. Negli ultimi anni alla chirurgia classica è subentrata la tecnica laser.