Uno studio dimostra che è impossibile abbronzare allo stesso modo tutti i distretti corporei e che troppo sole può far male
Può sembrare superfluo, ma non lo è, ricordare che l’abbronzatura in natura è una reazione di difesa della pelle: la melanina, infatti, è nient’altro che un filtro solare naturale che fa riflettere i raggi solari. Oggi è però innegabile che, finiti i tempi delle colonie marine in cui i bambini venivano obbligati ad arrostirsi sulla spiaggia in nome della lotta al rachitismo infantile, una migliore conoscenza della natura dei raggi UV, e una più ampia scelta dei Fattori di Protezione, rendono quella dell’abbronzatura o del suo rifiuto una decisione ben ponderata e squisitamente personale. Il quesito è quindi: cosa porta la maggior parte dele famiglie occidentali a guardare al sole come fonte di positiva trasformazione estetica anche nell’infanzia? Secondo il vissuto generale, i soggetti con la pelle abbronzata appaiono più in salute; si scottano di meno al sole e quindi mostrano unamaggiore resistenza biologica. Un corpo e un viso abbronzati vengono considerati più belli perché il colore dorato ne esalta lo stato di benessere e e la tonicità cutanea. Oggi, se è comprensibile che le famiglie attribuiscano all’abbronzatura un valore di status rispetto al colorito pallido e malaticcio di un bambino non abbronzato, il marketing delle aziende dermocosmetiche ha traformato il colorito dorato in un sinonimo di pelle giovane e bella. è importante ricordare che tale binomio, esaltato a livello commerciale, ha delle rispondenze anche in ambito biologico, nel senso che gli effetti benefici del sole sull’organismo umano sono riconosciuti e molteplici: l’esposizione alla luce solare per 10 minuti al giorno permette di sintetizzare il 99% del quantitativo di Vit. D utile al nostro organismo. Il sole è inoltre un ottimo antidepressivo naturale, in quanto i suoi raggi stimolano la produzione di endorfine e una sensazione di benessere generale. Superfluo soffermarsi, infine,sui benefici che l’elioterapia assume nella cura di alcune patologie dermatologiche come la psoriasi, la dermatite atopica, l’eczema seborroico, l’acne e altre. Esaminiamo ora qualche dato relativo al processo dell’abbronzatura. Circa il 67% dei soggetti reagisce all’esposizione solare con l’insorgenza di un’eritema e la successiva abbronzatura. Il 13% presenta solo arrossamento senza abbronzatura. Il 20% si abbronza rapidamente senza alcun eritema. Bisogna naturalmente considerare che il modo in cui si reagisce al sole dipende da numerose varianti quali le condizioni atmosferiche, il modo di esporsi al sole, le zone cutanee, ma soprattutto il tipo di pelle. Le reazioni biologiche che si determinano in maniera fisiologica all’interno della cute umana, dipendono infatti dal fatto che i soggetti abbiano una pelle bruna, spessa e grassa, con maggiori capacità protettive e che si abbronza più facilmente, oppure con scarso contenuto di melanina nella pelle (i biondi, i rossi, etc.) che si abbronzano poco e sono più soggetti agli eritemi. Molte mamme si interrogano se è meglio esporre i bambini più piccoli nudi o coperti da un custome che può determinare irritazioni e arrossamenti. L’idea è che un’abbronzatura integrale, perfetta e uniforme su tutto il corpo possa rappresentare un’alternativa più igienica e sicura. La rivista Experimental Dermatology ha a questo proposito pubblicato un articolo che dimostrerebbe come questa aspirazione sarebbe in realtà irrealizzabile. Lo studio, condotto da ricercatori dell’Università di Edimburgo è giunto alla conclusione che i glutei non possono diventare scuri perché la pelle di questo distretto anatomico è più spessa e resiste meglio ai raggi solari. L’indagine è stata realizzata su soggetti sottoposti a sei cicli di lampade solari. Confrontando il grado di abbronzatura raggiunto sui glutei e sulle altre parti del corpo, il risultato è stato che tutti i volontari mostravano la schiena più abbronzata del fondoschiena. La ricerca condotta dagli scienziati scozzesi appare decisamente frivola, ma non va invece sottovalutata per l’importanza che assume nello studio dei meccanismi alla base dei tumori della pelle. La sperimentazione ha, infatti, dimostrato che parti differenti del corpo rispondono diversamente ai raggi Uv e ciò potrebbe costituire uno dei motivi per cui statisticamente la localizzazione del melanoma è minore sui glutei e varia a seconda della parte del corpo. Anche il fotoinvecchiamento, diretta conseguenza dell’esposizione agli UV-A e UV-B è meno grave nella zona dei glutei, costantemente protetti e nei cui riguardi i raggi solari sono meno capaci di penetrare nella pelle e raggiungere le strutture profonde. Di conseguenza sia gli UVA, raggi a lunghezza d’onda più corta, che come si sa possono causare maggior danno nel tempo, che gli UVB, principalmente responsabili dei danni immediati, provocano meno danni nella pelle protetta dal costume. Senza dimenticare che la cute sana è autonomamente in grado di difendersi dai raggi ultravioletti con diversi meccanismi: oltre al già ricordato aumento della quantità di melanina prodotta dai melanociti dello strato basale dell’epidermide, con conseguente apparizione di eritema prima e tintarella poi, anche tramite il classico fenomeno dell’ipercheratosi epidermica dovuto a un accelerato ricambio cellulare da parte dei cheratinociti. Infine la pelle produce, una sorta di filtro naturale, l’acido urocanico, sostanza capace di assorbire i raggi UVA. A lungo andare, però, se l’esposizione ai raggi UV continua in maniera sconsiderata fino all’adolescenza e oltre i segni caratteristici del danno attinico sia a livello dell’epidermide, in particolare sul materiale nucleico dei cheratinociti, che a livello del derma dove a essere colpite sono le fibre elastiche, è facile che e si manifesteranno le classiche lesioni da sole. Oggi anche per i soggetti più piccoli una fotoprotezione intelligente e specifica è sempre possibile. Bisogna tener conto della gradualità e della durata del tempo trascorso sotto i raggi, delle situazioni ambientali e delle caratteristiche non solo cutanee del soggetto, ma anche dei diversi distretti corporei, incluso gli occhi per i quali l’uso di occhiali solari rappresentano una barriera indispensabile per impedire danni da radiazioni. In conclusione, fotoproteggere la pelle non vuol dire, come alcuni genitori ritengono, evitare che i figli si espongano al sole ma sfruttarne gli effetti benefici senza correre rischi per la salute. Tante le piccole avvertenze da suggerire,a partire da bere molta acqua e succhi di frutta per reidratare il corpo e la pelle, scegliere frutta e verdura di colore giallo, arancione e rosso che sono le più ricche di Vit. C e b-carotene, fondamentali per combattere i radicali liberi e ottenere un’abbronzatura il più possibile sicura. Quindi sì a pesche, albicocche, carote ma anche a, lattuga, pomodori, radicchio, peperoni, cicoria e anguria, tutti ricchi di b-carotene. Evitare l’esposizione al sole se si usano deodoranti e profumi che potrebbero irritare e essere causa di iperpigmentazioni. In ultimo: occhio alla contemporanea assunzione di farmaci come antibiotici, diuretici, antinfiammatori, antistaminici, che possono dar luogo a reazioni di fotosensibilizzazione.