Solitamente fa il suo esordio durante l’adolescenza ma aumentano i casi in età prepuberale
L’endometriosi è una delle malattie ginecologiche più diffuse che colpisce il 5%-10% delle donne in età riproduttiva ma fino al 50% di quelle che si rivolgono al ginecologo per dolori pelvici cronici o infertilità. È una condizione che si verifica quando il tessuto uterino cresce al di fuori dell’utero, specialmente nella zona addominale e pelvica. Dolore pelvico, Dispareunia (dolore nei rapporti sessuali), Disagio Rettale (falsa sensazione di dover andare in bagno, fitte nel retto o punture di spillo, difficoltà a stare normalmente sedute o senso di peso posteriore) e cicli mestruali dolorosi o pesanti sono tra i sintomi più comuni. Tuttavia, anche durante il ciclo, il dolore si presenta in modo diverso dal normale dolore mestruale. In genere inizia 1-2 settimane prima del ciclo e dura per la maggior parte dei giorni di sanguinamento. Oltre al dolore sotto l’ombelico, quello dovuto all’endometriosi può essere localizzato nei muscoli della parete addominale, nella parte bassa della schiena e lungo le gambe ed è spesso descritto come doloroso, sordo, stringente, pulsante o lancinante. Ma come mai ne parliamo su una rivista di pediatria? Come riportato sul sito dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, “osservazioni sempre più numerose hanno dimostrato che è possibile notare questa malattia anche in età adolescenziale e talvolta addirittura in pazienti prepuberi” con gli stessi sintomi delle adulte. Le cause della malattia sono ancora sconosciute, ma si è osservato che, in alcuni casi, alla base della sua comparsa ci sarebbe l’ereditarietà. Tuttavia, nonostante l’elemento genetico sia innegabile, sono ritenute attendibili anche altre ipotesi. Al momento, quelle considerate più valide dalla comunità scientifica sono tre. La prima risale addirittura al 1919 e si deve a Meyer, lo stesso medico che per primo descrisse la patologia. Dalle sue osservazioni, il famoso ginecologo dedusse che l’endometriosi fosse una conseguenza diretta di una anomala trasformazione delle cellule presenti nell’addome alla nascita in cellule endometriali nell’età adolescenziale (probabilmente per effetto dello stimolo ormonale). Un’altra teoria piuttosto accreditata è quella vascolare, secondo cui il tessuto endometriale viaggia attraverso i vasi sanguigni fino a raggiungere altre sedi, dove si attacca e cresce, un pò come fanno le cellule di un tumore quando metastatizza (ma le cellule endometriali non hanno nulla a che fare con quelle neoplastiche). Infine, l’ipotesi a oggi ritenuta più probabile, è stata formulata dal ginecologo americano John A. Sampson secondo cui il sangue mestruale pieno di cellule endometriali refluisce all’indietro attraverso le tube di Falloppio e si attacca ad altre superfici all’esterno dell’utero. Qui le cellule proliferano e producono impianti endometriali. Come è stato accennato al principio, l’endometriosi è una malattia che può manifestarsi già durante la fase di crescita delle bambine. Diversi studi hanno indicato che il 38% di coloro che ne soffrono hanno sintomi prima dei 15 anni; tuttavia, ci vuole una media di oltre nove anni per ricevere una diagnosi e un trattamento corretti. Ciò significa che le bambine possono avvertire un dolore inspiegabile, spesso paralizzante, che ostacola notevolmente lo sviluppo. Oltre al dolore, un sintomo dirimente è la dolorosità del ciclo accompagnato da minzione frequente, diarrea o stipsi ma anche sanguinamenti intermestruali. In questo senso risulta fondamentale la tempistica con cui viene diagnosticata la malattia, anche per evitare che i dolori si acuiscano e che la stessa endometriosi peggiori. Infatti, il ritardo della diagnosi, congiuntamente ad altri fattori, è una ragione importante per la progressione della malattia. Gli ultrasuoni transvaginali e l’accesso transvaginale con un’endoscopia ad ago meno invasiva sono raccomandati per l’esplorazione della pelvi, la diagnosi di endometriosi e il trattamento in una fase iniziale prima che si sviluppino lesioni gravi. In una fase iniziale della malattia è anche consigliata l’assunzione di antidolorifici, come l’ibuprofene, e una terapia ormonale che ha l’effetto di diminuire il sanguinamento e, di conseguenza, alleviare il dolore. Tuttavia, la scelta di questo tipo di terapia deve essere fatta tenendo conto dell’età della paziente in quanto potrebbe avere ripercussioni sullo stato di salute generale e in particolare per la salute del metabolismo osseo. Se i sintomi sono gravi o non migliorano dopo 3-6 mesi di trattamento, il medico può raccomandare la chirurgia laparoscopica. Nella laparoscopia, il chirurgo inserisce un tubo sottile con una telecamera attraverso un piccolo taglio nella pelle alla ricerca delle crescite ma può essere necessario anche effettuare una biopsia. Una volta accertata la malattia, il chirurgo può rimuovere le escrescenze nell’addome e nella pelvi. Dopo l’intervento, la maggior parte delle donne avverte meno dolore. Certo è che la chirurgia non è propriamente una cura ma se combinata con una terapia ormonale, come la pillola anticoncezionale, l’iniezione anticoncezionale o uno IUD (un dispositivo intrauterino per fornire ormoni in sede), può aiutare a controllare il dolore e a prevenire il peggioramento dell’endometriosi. Purtroppo, però, si tratta di una patologia di tipo cronico e pur alleviandone la sintomatologia, la paziente deve imparare a convivere con essa. Da questo punto di vista, non bisogna dimenticare il ruolo della dieta, delle terapie per il dolore e dell’esercizio regolare, tutti finalizzati a integrare la terapia chirurgica e con farmaci con l’obiettivo di raggiungere un miglioramento della qualità della vita del paziente.