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Non mi sento bene: una richiesta d’aiuto inespressa?

A volte il bambino lamenta malessere al momento di andare a scuola: furbata o disagio psicologico?

A cura della Dott.ssa
Deborah Antolini Mascitti,
Psicologa, Pedagogista e Docente di Filosofia e Scienze Umane

A settembre è finalmente riiniziata la scuola. Dopo un lungo periodo di didattica a distanza, con sorpresa, questo momento era atteso e bramato da molti bambini e adolescenti. La scuola infatti, anche se impegnativa, è luogo elettivo di socialità e, soprattutto per i più piccoli, sinonimo di gioco e spensieratezza. La centralità della scuola nel processo formativo è stata a tutti ancor più chiara dopo l’isolamento forzato dovuto alla pandemia generata dal Covid-19 che ha costretto per troppo tempo i bambini a una reclusione imposta, privandoli della gioia dell’imparare insieme e dell’arricchimento della presenza dell’altro. Non tutti, però, hanno vissuto il ritorno il classe con gioia, vivendolo come motivo di preoccupazione e malessere. Non è così raro che in questo periodo i genitori riferiscano al pediatra che il loro bambino, la mattina, nel momento di prepararsi per andare a scuola o al rientro dalle lezioni, manifesta alcuni malesseri, in primo luogo mal di pancia. Quando la problematica diviene ricorrente, il primo pensiero dei genitori è che si tratti di una strategia per evitare di andare a scuola o per attirare l’attenzione e non separarsi da loro. Si rischia così di minimizzare il sintomo, forzando il bambino a scuola e ignorando la sua incongrua richiesta d’aiuto. La ricerca psicosomatica ha fatto passi da gigante, ma in campo pediatrico trova ancora delle difficoltà a trovare un suo spazio autonomo. Nei bambini i mal di pancia e la nausea, o in alcuni persino casi conati di vomito, possono rappresentare una modalità di reagire alla sperimentazione di un vortice di emozioni negative: una somatizzazione delle sensazioni spiacevoli che si stanno provando e che non si è completamente capaci di esprimere a parole. L’aver preso un brutto voto a scuola, un litigio con i propri compagni di classe o con i fratelli, un atto di bullismo subito, una maestra troppo severa, la paura di un’interrogazione e la conseguente ansia da prestazione, o anche aspettative esagerate da parte dei genitori, sono tutti fattori che potrebbero generare una condizione di forte ansia o stress che il bambino non è in grado di gestire autonomamente. Le emozioni negative, e più in generale gli stati d’ansia prolungata o di stress, possono essere la causa dell’insorgenza di un gran numero di sintomi fisici. Reiterati mal di pancia possono essere il modo più facile con cui i bambini provano a comunicare un disagio interiore, non avendo ancora gli strumenti necessari per elaborarlo cognitivamente, analizzarlo e per adottare soluzioni valide, come invece succede per gli adulti. Dietro a un banale mal di pancia può dunque celarsi un grande spazio di sofferenza represso che il piccolo paziente non riesce in alcun modo né a esternare a parole né a gestire. Si tratta di comportamenti disfunzionali nei cui riguardi è necessario predisporsi all’ascolto e con un atteggiamento comprensivo e non giudicante, di fatto più funzionale alla risoluzione del problema. In psicologia si parla di “Dolore addominale ricorrente” e “Dolore addominale cronico”. Nel primo caso vengono riferiti dal soggetto frequenti mal di pancia e se il dolore persiste per oltre tre mesi in maniera costante viene definito cronico. Le indagini epidemiologiche indicano che di dolore addominale cronico soffrono circa il 10-15% dei soggetti di età compresa tra i 5 e i 16 anni, in particolare nella fascia fra tra gli 8 e i 12 anni. L’incidenza è lievemente superiore fra le ragazze. Per ciò che concerne la maggior parte di questi casi si osserva nella loro storia di vita la presenza di eventi stressanti come lutti, separazione dei genitori, problematiche di profitto scolastico o di relazione fra pari. è stato inoltre osservato che spesso questi bambini vivono in contesti familiari ove è norma somatizzare le proprie emozioni attraverso dolori corporei (es. genitori ipocondriaci o che riferiscono frequenti mal di testa). Si apprende a parlare attraverso il corpo con un linguaggio familiare acquisito implicitamente. Che consigli dare ai genitori per questo tipo di problematica? Partiamo da alcuni presupposti: la richiesta di aiuto per un accertamento diagnostico arriva diversi mesi dopo la prima manifestazione della sintomatologia e in seguito a un suo ripetersi nel tempo. Una volta escluse, attraverso le analisi del caso, eventuali ragioni organiche o problematiche legate all’alimentazione, i genitori sono andati incontro a un senso di frustrazione perché non sanno proprio come dare aiuto e sostegno al proprio figlio. L’assenza di un riscontro di una causa fisica che giustifichi il malessere, ha anche consolidato il dubbio che i sintomi e il disagio che i bambini provano non siano reali. Il pediatra resta l’unico professionista cui chiedere spiegazioni. Difficilmente ci si rivolge a uno specialista della psiche, che forse potrebbe aiutare i genitori con una serie di accorgimenti per garantire un sostegno emotivo in un ambiente familiare maggiormente sereno.

Eccone qualcuno. 1) Annotare, per essere più precisi col medico, cosa accade prima dell’arrivo del mal di pancia o qual è attività che il bambino dovrà svolgere a breve. 2) In un ambiente relazionale aperto, il bambino si sente più libero di esternare i propri pensieri e le proprie emozioni senza aver paura di essere criticato, giudicato o non compreso. 3) Astenersi da soluzioni semplificative e sminuenti rispetto all’universo di emozioni che il bambino sperimenta. Non liquidare le sue richieste di aiuto con frasi superficiali come: “Ma dai che non è nulla”, “Vedrai che fra poco passa” o “è inutile che fai tutti questi capricci tanto non ti credo più”. 4) Prestare attenzione alla correlazione fra l’insorgenza del mal di pancia e concomitanza con l’orario scolastico, osservando se anche nel pomeriggio il bambino lamenta dolori. Se ciò non accade potrebbe essere sintomo di un disagio con i compagni, il bambino potrebbe essere vittima di atti di bullismo o non sentirsi all’altezza delle richieste dell’ambiente scolastico. 5) Analizzare attentamente il contesto familiare, perché le risposte somatiche di questo tipo possono essere meccanismi di difesa a frequenti litigi in casa dei genitori, problematiche di natura economica o coniugale. Il bambino potrebbe assorbire e metabolizzare questi eventi in maniera sbagliata, sperimentando il dolore come risposta allo stress emotivo percepito. 6) Anche nel momento in cui si ha l’assoluta sicurezza che il mal di pancia sia inventato e che il bambino stia simulando la sintomatologia, non liquidare in fretta il problema. Il fatto che egli abbia sentito la necessita di mettere in atto un comportamento di questo tipo è comunque l’espressione di un disagio interno. Una simile strategia non porta beneficio alcuno né al bambino stesso e né ai suoi genitori ma, se ben interpretata, può aiutare a ridefinire alcune dinamiche familiari. 7) In caso di problema persistente, bisogna i genitori vanno convinti che il problema rientra in una sfera psichiatrica e c’è bisogno di un concreto aiuto specialistico.

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Tag:, , Last modified: Novembre 18, 2021
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