
di Dermatologia Pediatrica – Policlinico Milano
Nessun vestito può durare una vita intera. Nessun tessuto infatti potrebbe reggere alla inevitabile usura. Con una eccezione: la nostra pelle che, rinnovandosi continuamente, ci accompagna invece per tutta l’esistenza, sempre uguale ma sempre diversa. Il che rende quest’organo unico e fondamentale, con milioni di cellule che, riproducendosi regolarmente, assicurano al tessuto cutaneo la sua continuità e le numerose funzioni fra cui, quella di frontiera fra interno e l’esterno, è solo la più evidente. Tecniche di indagine “in vivo” non invasive (tra cui l’evaporimetria, la misurazione dell’impedenza elettrica, la microscopia confocale, la spettroscopia a fluorescenza del triptofano, l’analisi del RNA ribosomiale della flora batterica) messe a punto negli ultimi 5 anni hanno permesso di dimostrare che la nostra pelle è immatura alla nascita e che i primi, critici, nove mesi di vita sono il “pedaggio” che la natura deve pagare alla nostra attuale condizione di bipedi. I dati degli ultimi anni provano infatti che la cute infantile non è una cute adulta “in piccolo” ma è una cute differente con caratteristiche anatomiche e fisiologiche diverse e che l’essere umano è un’eccezione tra i mammiferi perché nasce prima di quando dovrebbe: lo sviluppo dimensionale del capo impedirebbe il parto in epoca successiva a causa della rigidità del bacino femminile per la postura eretta. Se è vero che la cute, come gli altri organi, si forma in utero durante i primi 3 mesi di gravidanza, lo strato corneo matura sino alla 24esima settimana di età gestazionale e la vernice caseosa si forma solo negli ultimi 3 mesi di gravidanza: un rivestimento che alla nascita scompare spontaneamente in una settimana. La vernice deriva da secrezioni sebacee e corneociti desquamati ed è composta per lo più da acqua, lipidi e proteine. Il suo ruolo è particolarmente importante perché tiene separata la cute del feto dal liquido amniotico evitandone la macerazione e protegge il nascituro dallo shock ambientale che si verifica al momento della nascita. Studi recenti sulla fisiologia del neonato hanno permesso di scoprire nuove funzioni della vernice caseosa che non è più solo il “lubrificante” per il parto che si è creduto per tanto tempo (cfr. Tabella). Subito dopo la nascita, infatti, la pelle del bambino è particolarmente delicata, e non è ancora in grado di proteggerlo adeguatamente dagli insulti dell’ambiente esterno. Con le nuove tecniche di microscopia non invasiva si è visto bene che le cellule sono più piccole di quello che saranno successivamente e anche lo spessore della pelle non supera gli 0,5 mm (nell’adulto arriva anche a 5 mm in alcuni punti). Comunque, pur se la pelle dal punto di vista anatomico può dirsi completa, lo stesso non può dirsi dal punto di vista delle sue funzioni. All’atto pratico la cute è pertanto fragile di fronte a stimoli meccanici esterni e notevole importanza assume la funzione della barriera cutanea, la cui alterazione può dar luogo a fenomeni irritativi caratterizzati da arrossamento e desquamazione (transitori o meno). La flora saprofita è ancora in fase di sviluppo in relazione anche al microbioma materno. Alla nascita il pH cutaneo è quasi neutro (~ 6.5) e diviene gradualmente più acido nelle settimane successive. Il film acido si forma per cambiamenti postnatali della superficie cutanea (sudore, sebo, microbi) e per l’acido lattico e gli acidi grassi liberi metaboliti del corneo. L’acidificazione cutanea è essenziale per la maturazione della barriera epidermica e dei processi riparativi come l’attività della β-glucoerebrosidasi e sfingomielinasi acida (enzimi chiave nella processazione extracellulare dei lipidi dello strato corneo). L’osservazione clinica di un’aumentata desquamazione nei primi giorni di vita può essere messa in relazione all’aumentata attività della callicreina 5 e 7, data dalla maggiore alcalinità della cute neonatale. In aggiunta ai classici meccanismi (esogeni) tradizionalmente accettati per la formazione del pH superficiale, ne sono stati proposti tre di tipo endogeno: 1) generazione di acidi grassi dai fosfolipidi (fosfolipasi A2 secretoria); 2) generazione di acido cis-urocanico per degradazione dell’istidina (catalizzata dall’istidasi); 3) uno scambiatore di protone sodio non-energia-dipendente. Inoltre il rapporto superficie corporea/peso è superiore e ciò comporta un maggiore assorbimento cutaneo. Infine la trasmissione da parte della madre di ormoni androgeni causa nel neonato una ipersecrezione delle ghiandole sebacee che solitamente dura fino al 3° mese di vita per poi divenire quiescente. Nel corso del primo anno è anche ridotta la produzione di melanina, il che rende la pelle ovviamente più fotosensibile. La cute dei più piccoli, infatti, sebbene ripari rapidamente, è meno capace di difendersi soprattutto dai raggi del sole. Inoltre la scarsa superficie cutanea (circa 1/9 di quella dell’adulto corrispondente!) rende molto più facile il colpo di calore per una insufficiente capacità di termoregolazione. Eventuali dolorose scottature, magari accompagnate da febbre e disidratazione, sono ancora più preoccupanti in quelle condizioni in cui la cute del bambino è già sensibile, secca, pruriginosa come, per esempio, nella dermatite atopica. Solo alla pubertà la pelle completa la sua maturità funzionale: lo spessore cutaneo e la pigmentazione raggiungeranno il massimo nei giovani adulti, per poi calare con il processo d’invecchiamento. Alla pubertà si compie lo sviluppo sessuale, quello fisico e psichico di tutto l’organismo. Le modificazioni del corpo sono molto evidenti: aumento della statura, sviluppo dei genitali e dei caratteri sessuali secondari, cambiamento delle forme corporee, comparsa dei peli sul pube e sviluppo delle mammelle nella femmina, pigmentazione ormono-dipendente. Le prime modificazioni corporee della pubertà (fase prepuberale) avvengono sotto lo stimolo di una produzione degli ormoni sessuali corticosteroidei da parte delle ghiandole surrenali. Segue la maturazione genitale vera e propria che determina una ulteriore crescita dei peli alle ascelle e al pube. Aumenta la quantità di ormoni circolanti nel corpo, le ghiandole sebacee crescono di volume e incrementano la loro produttività. A causa di questo fenomeno la pelle assume quelle caratteristiche che la fanno definire grassa: appare lucida e oleosa, e, al tatto, risulta untuosa. Il film idrolipidico si fa più spesso e denso, e in taluni casi è favorita l’attività di alcuni microrganismi responsabili di infiammazioni e cattivi odori. Inoltre, in alcune sedi, la cute presenta pori evidentemente dilatati. La mancata estrusione del sebo può determinare la comparsa di papulo-pustole (brufoli) e comedoni (punti “neri” e punti “bianchi”), che spesso si presentano più facilmente al volto. Col passare degli anni la situazione ormonale si normalizza ma senza perdere il suo ruolo come dimostra il capello e il suo ciclo vitale. Ora che abbiamo analizzato i principali cambiamenti cui la pelle va incontro durante le prime fasi della vita è opportuno soffermarci anche su come cambiano le sue esigenze di detersione nel tempo. I detergenti sono sostanze capaci di pulire la pelle, cioè di rimuovere le impurità (polvere, grasso, cibo, secrezioni organiche, microrganismi, ecc.) dalla sua superficie. Se il prodotto non è adatto si assiste alla perdita del film lipidico che protegge la pelle, con danno dello strato superficiale. Cambia anche il pH e si perde il potere tampone. Per evitare questi inconvenienti è raccomandabile usare prodotti, bene identificabili, meglio se conosciuti, poco schiumogeni, non profumati, non colorati e quindi scarsamente allergizzanti. In breve un detergente dermatologico ideale dovrebbe quindi essere molto delicato per evitare dermatiti irritative e allergiche. A fianco è riportata una tabella di comparazione tra saponi e syndets, prodotti il cui potere detergente è basato principalmente sui tensioattivi e che hanno quindi composizioni diverse dai saponi. Per quanto possa apparire strano, è solo verso la fine degli anni ‘70 che nasce un approccio scientifico alla detersione in relazione all’età del soggetto da trattare, alla zona da lavare o alla coesistenza di patologie dermatologiche. Oggi sappiamo che il bagno può essere fatto anche ai neonati (ma per i prematuri può essere fonte di stress) e che anzi ha il compito di attivarne adeguatamente la circolazione. Si sa però che il neonato non è “sporco” allo stesso modo dei bambini più grandi che giocano tra loro in casa e all’aperto. Persino le feci, nei bambini allattati al seno, sono idrosolubili. Quindi, anche in considerazione della maggiore permeabilità della cute, la regola dovrebbe essere l’uso di molta acqua e poco detergente. La pelle infantile è capace di assorbire più acqua di quella dell’adulto ma anche di perderla a un tasso maggiore. Tra i 3 e i 10 anni, in coincidenza con una maggiore attività all’aperto, lo sporco cutaneo è invece più simile a quello degli adulti ma la pelle non è come quella degli adulti (manca il sebo!) e quindi dovrebbero essere evitati prodotti fortemente schiumogeni per la presenza di tensioattivi aggressivi. Insomma il detergente ideale per bambini deve essere stabile, intrinsecamente sterile, contenere tensioattivi delicati ma non profumi, coloranti o sostanze che diano reazioni crociate con allergeni comuni o che possano essere metabolizzate dalla microflora cutanea. Durante la pubertà, lo sporco e le altre impurità invece tendono a mescolarsi insieme come su una qualsiasi pelle adulta. Il prodotto ideale per il bagno o la doccia dovrebbe essere non comedogenico, privo di nickel e senza enzimi o perturbatori endocrini. Infine un suggerimento valido quando si fa il bagno ai bambini più piccoli: i comuni giocattoli che si fanno galleggiare nell’acqua per non farli annoiare sono spesso serbatoi di germi Gram negativi che contribuiscono all’insorgenza di piodermiti, quindi anche questi dovrebbero essere adeguatamente puliti.