Il 24 febbraio scorso, quasi tutti i quotidiani romani hanno riportato la storia di un bambino ricoverato d’urgenza presso la struttura ospedaliera del Bambino Gesù, perché caduto su una processionaria mentre giocava in un parco di Roma. Come scritto nell’articolo, il piccolo è stato costretto a restare in ospedale per ben quattro giorni. A detta della mamma, presentava sin dal giorno dopo il fortuito contatto con l’insetto, bolle su tutta la superficie cutanea e una febbre altissima. Il protocollo medico a cui è stato sottoposto ha previsto analisi giornaliere e un costante monitoraggio delle sue condizioni, sino alla completa guarigione e alla successiva dimissione. La copertura mediatica dell’evento ha rilanciato l’attenzione verso i rischi legati a un contatto ravvicinato con questi temibili insetti. Un pericolo che una volta eravamo abituati ad affrontare in primavera, quando cioè questi piccoli bruchi escono dai loro nidi e strisciano sul terreno, oppure cadono dai rami più alti dei pini, ma che oggi non ha più una collocazione temporale ben precisa, come dimostra il caso riportato in apertura. Ma perché le processionarie causano tanti problemi all’uomo e cosa bisogna fare quando la pelle vi entra in contatto? Iniziamo col dire che questo curioso insetto, il cui nome scientifico, Thaumetopoea pityocampa (processionaria del pino) viene utilizzato per la prima volta da Denis & Schiffermüller nel 1775, è un lepidottero appartenente alla famiglia delle Notodontidae. Diffusa in Eurasia e Nordafrica, la processionaria costituisce un pericolo per gran parte degli esseri viventi, piante comprese. Essa infatti, come evidente dal suo nome botanico, infesta principalmente i pini (a volte gli aceri), alimentandosi voracemente del loro fogliame, tanto da essere considerata come una delle principali cause limitanti lo sviluppo e la sopravvivenza delle pinete del Mediterraneo. Ne esiste, in realtà, anche un’altra specie abbastanza diffusa che invece preferisce le querce, la Thaumetopoea processionea. Ma come distinguere una processionaria da un altro bruco? Allo stadio iniziale, questo insetto si presenta come una larva di lunghezza variabile che va da 1 a 3 cm e mezzo, di colorito marrone con macchie arancioni. Pur trattandosi di un animaletto notturno, non è raro imbattersi in gruppi di processionarie anche di giorno. Parliamo di gruppi perché, curiosamente, le larve si spostano quasi sempre in massa formando, appunto, delle vere processioni, spostandosi l’una dietro l’altra in fila indiana. Quando raggiungono il nido, una sorta di sacca setosa a forma piriforme e di colore bianco brillante, per deporre le uova o passare l’inverno in attesa della primavera, oppure quando devono costruirne uno nuovo, allora si compattano in un agglomerato. Una volta raggiunta la maturazione, le larve di un singolo nido scendono tutte insieme dai tronchi e scelgono un posto nel terreno particolarmente adatto per interrarsi in bozzoli alla profondità di circa 10/15 cm nei quali possono rimanere anche per anni. Quando giunge il momento, le processionarie come gli altri lepidotteri, si trasformano da bruchi in farfalle. Questa evoluzione avviene solitamente tra luglio e agosto. Poco dopo le femmine depongono le uova (dalle 100 alle 280) sugli aghi di pino.
Le larvette del pino nascono a fine agosto-settembre e iniziano a cibarsi subito degli aghi, passando di ramo in ramo nella caratteristica modalità “a carovana”. Dopo aver svernato al riparo nel nido sericeo, con la primavera le cose cambiano perché le larve diventano più voraci e causano il defogliamento degli alberi, indebolendoli fortemente ed esponendoli agli attacchi di parassiti secondari. Ciò che rende la processionaria un insetto pericoloso per gli esseri a sangue caldo, come gli uomini ma anche gli animali domestici, è la peluria che ricopre la larva. Tali peli, infatti, sono fortemente urticanti e si staccano con facilità dal dorso dell’animale, disperdendosi anche nell’aria, e costituendo quindi una minaccia. In più i peli possiedono caratteristiche fisiche tali da facilitarne l’aderenza a cute, mucose e abiti. Una volta conficcatisi nella pelle, causano un eritema papuloso molto pruriginoso che solitamente scompare nel giro di qualche giorno. Le papule di solito sono di piccole dimensioni, in rilievo e arrossate e distribuite in modo asimmetrico. Tuttavia, la sintomatologia può anche aggravarsi, e portare a problematiche quali congiuntiviti (in caso di contatti oculari), congestioni e asma. Bisogna quindi essere molto cauti perché, specie per i soggetti particolarmente sensibili e predisposti, le ripercussioni per la salute possono rivelarsi anche molto serie e portare anche a uno shock anafilattico, che si manifesta in genere con sintomi quali eruzione cutanea, sudorazione copiosa, orticaria, edema a livello della bocca e della gola, difficoltà respiratoria, ipotensione e svenimento. Le persone che, oltre a questa sintomatologia, presentano capogiri, vertigini o vomito devono essere subito ricoverate in ospedale onde evitare possibili crisi allergiche dagli esiti incerti. Per quanto riguarda i nostri amici a 4 zampe, bisogna considerare che cani e gatti sono maggiormente esposti ai pericoli derivanti da questo insetto, perché ne rimangono affascinati e tendono ad avvicinarsi per annusarli e cercare di morderli o mangiarli. Non è un caso, quindi, i danni per gli animali si localizzano quasi sempre nella zona del muso, nel cavo orale (salivazione aumentata e lingua gonfia) e agli occhi, e possono portare a necrosi della lingua, cecità e anche morte in caso di indigestione. Gli animali che ingeriscono i peli, possono andare incontro a fortissime allergie, eritemi e necrosi dei tessuti. Altri sintomi sono la perdita di vitalità, rifiuto del cibo, diarrea e vomito. E se, fortuitamente, a ingerire i peli della processionaria fosse l’uomo?
Allora, si assisterebbe alla comparsa di una infiammazione del cavo orale e della mucosa gastroenterica i cui sintomi più comuni sono un aumento della salivazione, vomito e male addominale. Per quanto riguarda l’inalazione invece, le conseguenze da attendersi sono un’irritazione delle vie respiratorie coincidente con la comparsa di starnuti, mal di gola, difficoltà a deglutire e a respirare dovute a broncospasmo. Insomma, il consiglio da dare a un genitore è che, se vuole portare il proprio bambino a fare un giro nel parco o a giocare in pineta, in qualsiasi periodo dell’anno, bisogna sempre prestare attenzione al tipo di giochi che il piccolo decide di fare, convincendolo, magari senza instillare in lui eccessive paure riguardo alla natura che lo circonda, a evitare di accarezzare quei bruchi apparentemente così graziosi e colorati o di avvicinarsi troppo al tronco degli alberi.