Il recente caso della bambina di Palermo, morta a dieci anni, soffocata nel corso di una sfida lanciata da suoi coetani sul social tik tok, ha riportato all’attenzione generale la discussione del rapporto fra i nuovi strumenti digitali e l’infanzia. Da alcuni mesi, la didattica a distanza anche nelle prime classi della scuola media, ha molto sollecitato i più giovani a prendere maggior confidenza con le nuove tecnologie e, naturalmente, è quasi impossibile immaginare che il loro uso possa essere ristretto solo alle attività scolastiche. Anche i cellulari si sono trasformati in strumenti didattici, nonostante le cronache continuino a raccontarci episodi di violenze o di denunce di cyberbullismo avvenute dentro e fuori degli istituti scolastici. Come ignorare, poi, che anche gli insegnanti, più volte sono stati oggetto di violenze, danneggiamenti e offese on line solo per aver rimproverato alcuni alunni che usava il cellulare in classe al punto da dover richiedere l’intervento delle forze dell’ordine. Queste situazioni stanno iniziando a preoccupare anche i Pediatri di famiglia visto che da recenti indagini risulta che sette preadolescenti (tra 8 e 13 anni di età) su 10 dichiarano di disporre di strumenti informatici, quali smartphone o computer. Ogni giorno circa il 23 per cento accede alla rete internet senza limitazioni temporali e ben 1 su 6 riferisce di poterlo fare senza alcun controllo parentale. Lo smartphone a uso personale esclusivo è risultato lo strumento informatico più utilizzato, seguito da tablet, playstation e computer. La stragrande maggioranza degli intervistati dichiara di usare gli strumenti informatici per ricerche scolastiche, scaricare musica e videogiochi, chattare e vedere video. Solo il 50% dichiara di usare lo smartphone anche per telefonare. L’età di primo utilizzo, che era in media di 9 anni per i maschi e di 10 anni per le femmine nel 2016, ora è scesa a meno di 8 anni. Ma quali sono gli effetti del digitale sul neurosviluppo? Un paio di anni fa, a questa domanda aveva provato a rispondere il dott. Luigi Greco, pediatra di famiglia a Bergamo, che insieme a un gruppo di 90 colleghi della provincia di Bergamo e alla locale Azienda per la tutela della salute (ATS), somministrò, tra il 2016 e il 2018, un questionario a quasi 8mila preadolescenti di età compresa tra gli 8 e i 13 anni, per valutare l’età di primo utilizzo, le modalità di accesso agli strumenti informatici, la frequentazione di internet e dei social media. Dallo studio emerse che la diffusione di queste tecnologie da parte dei piccoli è pressoché ubiquitaria in classe sociale. Ciò deve fungere da stimolo per o Pediatri a conoscere professionalmente quali possano essere i rischi derivanti dall’esposizione e dall’uso dei nuovi strumenti tecnologici in mano ai bambini. Innegabile la loro utilità, se opportunamente utilizzati per corrette motivazioni e con appropriate tempistiche, ma il loro uso inappropriato è in grado di minare la salute, soprattutto in particolari epoche dello sviluppo. In primo luogo esistono rischi biologici fin dal grembo materno, derivanti da un’eccessiva esposizione della donna in gravidanza alle radiazioni emesse, danni potenziali che crescono particolarmente nei primi mille giorni di vita, e riguardano la sfera cognitiva e comportamentale, e, non ultimi, quelli educativi e sociali. Quest’ultimi vanno tenuti in seria considerazione nelle fasi centrali dell’età adolescenziale. La consapevolezza di ciò è aumentata nel tempo sia nei genitori che negli addetti ai lavori, ossia insegnanti, psicologi, pediatri di famiglia. Ernesto Burgio, pediatra ed esperto di epigenetica, membro del consiglio scientifico di ECERI (European Cancer and Environment Research Institute). sostiene che “in periodi di vitale significato queste tecnologie possono interferire direttamente tramite i campi elettromagnetici e indirettamente sullo sviluppo del cervello e del sistema psico-neuro-endocrino”. “Una significativa letteratura scientifica dimostra come un’esposizione eccessiva e duratura agli smartphone, soprattutto negli organismi in via di sviluppo, possa rivelarsi alquanto pericolosa per la programmazione epigenetica di cellule, tessuti e organi” – gli fa eco Daniela Lucangeli, professore di Psicologia dello sviluppo all’Università di Padova. La ricerca mirata ha messo in luce i meccanismi patogenetici potenzialmente connessi a questa esposizione, tanto nell’ambito dei disturbi del neurosviluppo, che sono in grande aumento in tutto il Nord del mondo, in particolare quelli di spettro autistico, quanto nell’ambito di patologie infiammatorie e tumorali. Per quanto concerne gli effetti di ambito psicologico e sociale è sempre più evidente che l’utilizzo eccessivo delle tecnologie digitali può determinare stati di dipendenza, soprattutto se l’esposizione inizia nelle prime fasi della vita. Difficile dire oggi quanto ciò possa aver influito sull’aumento dei disturbi d’ansia, ossessivo-compulsivi, dell’umore, sulla depressione giovanile documentato negli Stati Uniti e in molti paesi europei. “È evidente – spiega la professoressa Lucangeli – che i pediatri sono e saranno sempre di più in prima linea, avendo la possibilità di agire nell’ambito delle famiglie per limitare l’uso della telefonia mobile e del digitale nelle prime età della vita, come avvocati difensori del bambino, in nome del principio di precauzione”. Monica de’ Angelis, pediatra di famiglia a Milano, Responsabile scientifico del Dipartimento formazione Simpef, afferma convinta: “il pediatra di famiglia è oggi il primo referente dei genitori, quando si parla di salute del bambino e dell’adolescente. È la persona che conosce la storia del ragazzo e può essere il primo a intercettarne le problematiche”. In conclusione, per i pediatri di famiglia aggiornarsi su queste tematiche è solo un primo passo verso una formazione più completa, in modo che i propri consigli, possano rendere maggiormente consapevoli anche i genitori.
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