Virus del vaiolo della scimmia: un rischio anche per l’uomo

Tre anni fa in Europa fu segnalato un caso di vaiolo delle scimmie in Europa. All’epoca, il Prof. Massimo Galli, Presidente SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali colse l’occasione per raccontare alla stampa quanto si conosceva di questo virus e come fosse possibile trattarlo. Riportiamo il suo contributo: “ll virus del vaiolo della scimmia è un Orthopoxvirus, appartiene cioè allo stesso genere del virus del vaiolo umano, da cui è però geneticamente piuttosto distante. Scoperto nella scimmia nel 1958, è stato isolato nell’uomo nel 1970 in Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo- DRC), nove mesi dopo l’eradicazione in loco del vaiolo ottenuta con la vaccinazione, in persone con un’eruzione cutanea vescicolosa che mimava una forma attenuata di vaiolo umano. Il serbatoio animale principale non è stato identificato. Sono implicate specie di scoiattoli, altri roditori e alcune scimmie”. La letalità nei casi riportati in Africa è contenuta attorno all’1-3% e comunque inferiore al 10% ed è più alta nei bambini. Nel 2003 una epidemia interessò gli USA a seguito dell’importazione di esemplari infetti di Cricetomys gambianus, un grosso ratto venduto come animale da compagnia. Le 81 persone colpite presentarono una malattia di grado lieve e non si registrarono decessi. Anche la probabilità di generare casi secondari (infezioni da uomo a uomo), che in Africa è risultata compresa tra il 3 e l’8 %, negli USA fu pari a zero. Per questa infezione non sono disponibili cure specifiche, né profilassi vaccinale. Si tratta tuttavia di una malattia dalla contagiosità e pericolosità contenute, in particolare in un contesto europeo dove è minore la presenza di fattori favorenti un decorso di maggior gravità come la presenza di bambini malnutriti o immunodepressi. La notizia del caso importato in Europa rappresenta tuttavia una ulteriore testimonianza di come lo scambio di merci e la mobilità umana possano portare in poco tempo, malattie dalle foreste alle grandi città del mondo industrializzato. Una rete attiva di specialisti in grado di riconoscere questa e altre malattie infettive emergenti costituisce un irrinunciabile strumento di protezione per la popolazione tutta.