Il più importante contributo dato dal dott. Alexander Blackader allo sviluppo di un moderno pensiero rispetto alla neurodiversità infantile lo si trova nei suoi numerosi scritti e discorsi. “The problem of the nervous child” fu pubblicato su The Public Health Journal nel 1924. “Qual è la mia definizione di bambino nervoso? Concordo a pieno con il collega Guthrie sul fatto che i bambini nervosi possono essere distinti in due tipi, secondo il modo con cui reagiscono alla stimolazione emotiva. Il primo lo possiamo chiamare il tipo sfrenato. I centri nervosi in questi bambini sono anormalmente eccitabili ed ipersensibili e reagiscono in un modo esagerato e sfrenato a stimolazioni di ogni tipo, sia fisica che mentale. Questi bambini sono prematuri; alcuni non sono generalmente brillanti, ma hanno poco autocontrollo; sono affettuosi, preoccupati da sciocchezze, impetuosi e senza alcuna idea di disciplina. Una madre mi ha spesso descritto un bambino del genere come un insieme di contraddizioni. Nei bambini del secondo tipo, le emozioni sono più contenute; questi bambini sono timidi, tendono ad essere introversi e a rimuginare su piccoli o immaginari rifiuti, e sono soggetti ad attacchi di rabbia cupa; apprezzano poco il divertimento e l’umorismo. Entrambi i tipi sono molto sensibili, stravaganti e capricciosi nei loro gusti e antipatie. La stimolazione sensoriale come colore, sapore, odore e la semplice apparizione delle cose, li colpisce molto di più di un bambino normale. Sono facilmente stancabili, irritabili, si spaventano con suoni improvvisi e piangono. Con lo sviluppo ulteriore e l’aumento dell’età essi possono mostrare mancanza di potere mentale”. La descrizione del bambino del secondo tipo rimanda alla neurodiversità e più avanti Blackader afferma l’esistenza di un’ereditarietà, oltre all’influenza ambientale e all’inadeguatezza dei genitori. Siamo lontani degli studi di Kanner e Asperger ma alcune osservazioni sono importanti alla luce di quanto attualmente conosciamo. Il frastuono delle strade cittadine, la vibrazione delle auto, il bagliore e l’eccitazione del cinema, il jazz stridente del fonografo, tutti irritano e affaticano, e fanno del male inducendo una condizione di affaticamento eccessivo e esaurimento nervoso nei giovani centri cerebrali in via di sviluppo, a questa età danneggiabili, a volte irreparabilmente. L’incapacità di discriminare e controllare le stimolazioni sensoriali sono il trigger per lo scatenarsi di uno stress emotivo che si esprime variabilmente da soggetto a soggetto. Ci sono bambini che urlano al frastuono dello sciacquone del water, altri in grado di apprezzare il rumore di un trapano in lontananza, altri ancora che si spaventano all’apertura veloce delle porte di un supermercato. Il consiglio di Blackader di non sottoporre il bambino in fase di crescita a un surplus emotivo, rispettandone i tempi e organizzando la giornata con attività regolari, è sicuramente un atteggiamento innovativo per l’epoca, tanto più valido in caso di neurodiversità. È altrettanto frutto delle conoscenze del diciottesimo secolo l’attribuzione di una qualche influenza del sistema endocrino sul bambino cosiddetto nervoso, convinzione però, che ha guidato le scelte diagnostiche e terapeutiche dei pediatri fino agli anni 60. Si a lungo ritenuto, infatti, che nei bambini emotivi con centri nervosi instabili si dovesse sempre pensare alla possibile influenza di alcune carenze o eccessi nelle secrezioni di una o più ghiandole endocrine, in particolare della tiroide e dei paratiroidi. Anche la ghiandola del timo è stata accusata di causare problemi. Oggi però sappiamo che, con l’inizio dell’adolescenza e l’aiuto e il supporto adeguato, questi bambini iniziano a combattere le proprie battaglie e gradualmente potenziare la forza di volontà che indebolisce l’abitudine a lasciare spazio all’impulso improvviso. Non c’è da sorprendersi come possa variare il loro sviluppo: quelli con una tendenza ereditaria a un’instabilità neuropatica e a svilupparsi con poca o nessuna restrizione in un ambiente nevrotico, entrano nella vita fortemente handicappati e sono suscettibili di manifestare nel tempo una mentalità emotiva e squilibrata. Con gli anni, però, il comportamento del bambino con neurodiversità può migliorare grazie al proprio bagaglio di esperienze e all’adattamento del sistema sensoriale ad alcune stimolazioni. In sintesi l’influenza negativa di un ambiente nevrotico può essere spiegata come un contesto che reitera e induce confusione nella psiche del bambino.
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