Probabilmente è ancora presto per parlare di una nuova sindrome, un termine che, come ben sanno i medici, indica un insieme di sintomi, provocati da diverse cause. Eppure sui giornali è più volte comparso il riferimento a una cosiddetta “sindrome hikikomori” ovvero “dei ragazzi che si chiudono in camera”. Essa è caratterizzata da tre condizioni fondamentali: isolamento sociale, per una durata di almeno sei mesi, e un sentimento di angoscia dovuto proprio all’isolamento. “Si tratta di un vero disturbo psicopatologico” – dice Walter Orrù, psichiatra e direttore dell’Icsat (Italian Committee for the Study of Autogenic Therapy and Autogenic Training). Ma, prima di affrontare il tema e le ricerche che hanno finora studiato questi soggetti, proviamo a spiegare cosa significa la parola hikikomori e perché questo fenomeno dal Giappone si sta rapidamente diffondendo in tutto il mondo. La parola, di chiara origine nipponica, deriva dai verbi “hiku” (tirare indietro) e “komoru” (ritirarsi) e quindi indica lo stare in disparte, isolarsi volontariamente. Le prime pubblicazioni che parlano di questi ragazzi risalgono agli anni ‘80, e a partire dal 2000 diversi autori hanno riferito di soggetti con questo disturbo, per taluni già profilo di patologia, anche in Europa e negli Stati Uniti. Alcuni articoli giornalistici hanno ipotizzato che in Italia sarebbero circa 3 milioni i soggetti tra i 15 e i 40 anni che potrebbero rientrare in questa categoria, ma probabilmente, questa cifra di per se spaventosa, include anche coloro che mostrano una dipendenza da videogiochi e Internet.
I personaggi dei manga, hanno gli occhi fissi e sgranati e sono caratterizzati dall’antinomia di luce e ombra, nonché dalla tendenza a vivere le emozioni in modo molto amplificato. Trasformarsi in un hikkimori e ritirarsi dal mondo prende tempo. All’inizio i ragazzi, per lo più timidi, non riescono a immaginare un futuro da adulti, sentono l’infelicità, rinunciano alle amicizie, perdono sicurezza e fiducia in sé stessi, si rifiutano di andare a scuola, diventano aggressivi e violenti verso i genitori. Cosa li rende diversi da soggetti che soffrono di patologie psichiatriche che hanno fra i propri comportamenti anche l’isolamento sociale, come la depressione, la schizofrenia, la paranoia, o disturbi come la sindrome di Asperger e l’autismo? “Una diagnosi differenziale va fatta su base individuale e probabilmente si può sospettare anche una comorbidità – spiega lo spichiatra Orrù – e la difficoltà sta proprio nel distinguere una forma primaria di ritiro sociale rispetto a tutte le altre forme che sembrano poi associarsi al fenomeno hikikomori”. è chiaro che una volta fatta la diagnosi, la terapia può cambiare a seconda che il comportamento hikkimori sia primario o associato ad altri disturbi psichiatrici. Le statistiche ci dicono, però, che la percentuale di suicidi tra gli hikikomori rimane comunque bassa, in quanto, nonostante il desiderio di porre fine alla loro esistenza sia alto, subentra nei soggetti una forma di autocompiacimento e di narcisismo che salva loro la vita. Sia in Giappone che nel resto del mondo, a essere più interessati dal fenomeno sembrerebbero maggiormente i maschi e un ruolo fondamentale pare sia svolto dalle madri molto protettive, mentre i padri sembrano assenti per motivi di lavoro. L’assenza di un sufficiente spazio privato, intimo, da dedicare a se stessi e alla propria crescita, li fa sentire continuamente esposti al giudizio altrui, con sentimenti di vergogna per non essere soggetti efficienti, efficaci e di successo. L’eccessiva pressione competitiva e l’incapacità a soddisfare le aspettative familiari e sociali spiegherebbe come mai fra i giovani hikikomori si trovano molti ragazzi intelligenti e creativi, che raccontano che l’unico modo per affermare la propria identità sia nascondersi, fuggendo dalla realtà e dalle proprie responsabilità. Fra i campanelli di allarme che le famiglie dovrebbero prendere in considerazione ci sono il rifiuto scolastico, una dipendenza da internet e una dismorfofobia, finanche vergogna del proprio corpo. Molti suggeriscono che anche esperienze traumatiche quali ad esempio l’essere stati vittima di atti di bullismo, specie a scuola, possano essere altri fattori che spingerebbero a chiudersi volontariamente nella propria stanza. Una cosa certa è che, spesso, le famiglie sottovalutano questi segnali e purtroppo intercorrono molti anni prima di una richiesta di aiuto. Particolare l’ipotesi che dalle anamnesi di questi giovani emerga spesso un parto prematuro e difficile: un primo trauma psichico che li renderebbe più vulnerabili. Ma dinanzi a un bambino o a un ragazzo che poresenta questo tipo di comportamento, come ci si deve comportare? Due sono i principali tipi di approccio terapeutico. Il primo è di tipo medico-psichiatrico e consiste nel trattare la condizione come un disturbo mentale o comportamentale con psicofarmaci e psicoterapia. Il secondo, forse più complesso, è basato sulla risocializzazione (comunità alloggio lontano dalla casa di origine, gruppi di autoaiuto per superare le difficoltà nel comunicare e nell’integrarsi nella società). In entrambi i casi è indispensabile che gli specialisti e gli operatori sociali, che vogliono aiutare i ragazzi affetti da questo disturbo, devono riuscire ad avvicinarsi a loro attraverso la costruzione di un rapporto di fiducia, ricostruendo le relazioni sociali tramite l’empatia e l’accettazione positiva incondizionata. Difficile stabilire i tempi di una guarigione. La durata del percorso riabilitativo può variare da persona a persona, ma gli studi dicono che purtroppo ci vogliono anni prima di un rientro, parziale o totale, nella società.Una stima più cauta e verosimile, riferita al 2018, parla di 100 mila casi di hikikomori in Italia. Il fenomeno nasce come una ribellione della gioventù giapponese alla cultura tradizionale da parte di adolescenti che decidono di chiudersi in casa o nella loro stanza senza alcun contatto e relazione con l’esterno, né con i familiari, né con il proprio gruppo o gli amici. La scelta non è priva di angoscia, depressione, manie di persecuzione e comportamenti ossessivo-compulsivi. Si assiste a una inversione del ritmo circadiano sonno-veglia, con le ore notturne dedicate all’ozio, ai videogiochi, alle relazioni sociali tramite la rete e alla lettura dei fumetti del mondo manga, una riproposizione in chiave post moderna delle antiche tragedie, in cui si scontrano il male e il bene.