I l flusso dei migranti e dei rifugiati che giunge nel nostro Paese non sembra destinato a interrompersi. Secondo l’Istat sarebbero circa 5 milioni i cittadini stranieri residenti in Italia, quasi il 7,5% della popolazione. Le comunità più numerose sono quella rumena (più di un milione), albanese (500 mila) e marocchina (480 mila). Tra i Paesi asiatici la prima comunità è quella cinese, con almeno 200mila presenze. La prima comunità tra i Paesi sub-sahariani è quella senegalese, con 100mila presenze. Tra i sud-americani primeggia, invece, la comunità ecuadoriana, 90mila presenze, seguita da quella peruviana con altrettante unità. Molto più difficile definire il numero dei bambini e degli adolescenti che vivono nel nostro paese da regolari o più drammatcamente da clandestini. Da questi dati però si possono trarre diverse considerazioni. La prima è che la presenza di stranieri in Italia che godono di un regolare permesso di soggiorno o della cittadinanza non solo è in aumento ma questi ormai costituiscono secondo l’Istituto Nazionale di Statistica i protagonisti principali della crescita demografica e dello svecchiamento del Paese. La seconda, è che sono in atto nel nostro paese delle trasformazioni radicali a livello sociale e culturale che andranno, se questi dati come sembra troveranno conferma nel futuro, a modificare e a incidere profondamente sui nostri stili di vita. “Integrazione” è la parola destinata a divenire una delle più gettonate e concettualmente determinante nella costruzione di un futuro basato sull’ accrescimento di risorse umane e intellettuali da cui sicuramente non può che venire del bene. Se non altro perchè di pari passo con questo concetto va quello di “comprensione”, di realtà che fino a ieri costituivano un “altro” indefinibile se non addirittura temibile e che oggi invece rappresentano la nostra quotidianità. Ma in che modo questi cambiamenti si riflettono nel mondo della medicina e in particolare della pediatria? In che modo la diversità etnica, può riflettersi nel mondo di riferimento nel quale operiamo? Soprattutto nell’ambito della dermatologia pediatrica e della cosmesi infantile?
Affrontiamo alcuni spunti di riflessione che ritengo opportuno esaminare insieme. Gli specialisti che già da qualche tempo svolgono la loro professione, con una lunga esperienza nel risolvere e trattare patologie e problemi della pelle degli italiani, hanno più volte manifestato qualche incertezza dinanzi a problemi cutanei di altre etnie, incertezza che spesso sfocia nella soggezione. Esistono delle differenze reali, infatti, nel manifestarsi di alcune patologie sulla pelle di un europeo o, a esempio, di un afro americano o di un asiatico. Parlando della pelle asiatica, a esempio, sappiamo che i giapponesi hanno un tono di pelle più chiaro degli europei e che quindi, hanno una tonalità bassa del rosso cutaneo e della melanina mentre gli indiani, in generale, hanno un tono di pelle più scuro. La pelle asiatica ha un migliore comportamento durante i mesi più freddi e migliori proprietà biomeccaniche quali l’elasticità oltre a una migliore strutturazione del collagene. La pelle degli afro americani invece, fin da bambini, è più “spessa”, nel senso che è costituita da strati cellulari più alti e compatti. Questo favorisce una maggiore resistenza alla penetrazione termica visto che in Africa fa più caldo, ma rende più frequenti i casi di pelle grassa, un argomento da tener ben presente quando ci si confronta con un adolescente di colore. Rispetto ai soggetti di pelle chiara gli individui neri soffrono in media del 20% in meno di cancro della pelle e le protezioni dei prodotti formulati per loro arrivano solo a SPF 15. Inoltre la perdita d’acqua transepidermica favorisce la tendenza alla desquamazione e questo problema assume un rilievo particolare, in quanto le piccole squame di pelle, di colore bianco, risaltano in modo estremamente più evidente sulla pelle scura creando un effetto antiestetico e cinereo. Ciò è vero sia in caso di forfora che di psoriasi. Per questo gli africani usano trattamenti cosmetici frequenti che provano a contrastare la desquamazione. Parlando invece di peli, sappiamo che la prima barba, nei ragazzi neri, può essere spesso fonte di problemi e preoccupazioni estetiche per il fatto che i peli che crescono sottopelle (pseudofollicolite), disturbo che riguarda anche alcune adolescenti che inizano a radersi il pube (pseudofolliculitis pubis) che si accompagna a dolore, infezioni gravi e cicatrici.
Per rimuovere efficacemente i peli sottocutanei è utile usare un detergente per il viso a base di acido glicolico al fine di ottenere un´azione esfoliante; uno scrub aiuta prima della rasatura mentre per le donne può essere suggerito l´uso di creme depilatorie a base di polveri di solfuro di bario al 2% oppure di tioglicolato di calcio sotto forma di lozioni o creme, ma va detto che questi prodotti possono creare irritazioni. La consapevolezza e ancora una volta la comprensione di queste differenze, che a questo punto potremmo definire unicità, sono alla base di una branca della cosmetica chiamata geocosmetica. I risultati delle analisi condotte in questo ambito sono ottenuti da ricerche molto accurate svolte su popolazioni di giovani e meno giovani volontarie disposte a ripetere i loro gesti quotidiani (applicazione della crema, effettuazione del maquillage) nei cosiddetti “bagni laboratorio”, luoghi dove ogni gesto viene filmato per essere poi analizzato da sociologi e psicologi. Da questo tipo di ricerche a esempio è uscito fuori che le adolescenti brasiliane, fin da giovanissime, rivolgono al corpo e alle unghie le stesse attenzioni che hanno per il viso, e infatti detengono il primato nel mondo nel consumo di smalto per le unghie. In India, invece, fanno un grosso consumo di crema sbiancante, anche nella pre-adolescenza con l’obbiettivo di rendere la pelle più chiara e lucente. In Cina è importante la pulizia della pelle e fin da ragazze si presta molta attenzione all’invecchiamento cutaneo; i cinesi tengono lo shampoo sui capelli fino a 45 minuti mentre le madri massaggiano il viso e la schiena delle loro figlie, come impone una pluricentenaria tradizione. Un’altra eccentricità avviene in Giappone dove è molto in voga fin dall’adolescenza la mastoplastica, tanto che le donne si cibano anche continuamente di biscotti a base di fitoestrogeni per aumentare il volume del seno. Unitamente a queste indagini in Italia sono nati anche corsi all’interno di scuole di trucco professionale che spiegano ai giovani truccatori a esempio quali sono i colori più indicati in base al soggetto su cui si lavora o anche quali sono le acconciature che fanno risaltare maggiormente un volto che non ha connotazioni europee. Tutto questo non coinvolge direttamente la farmaceutica e la pediatria, che pure potrebbero trovare una loro maggiore efficacia attraverso studi di geo-farmacologia in grado di definire le cure e i dosaggi più indicati per trattare la stessa patologia ma in gruppi etnici diversi. Concludendo si può affermare che, per raggiungere migliori risultati terapeutici non si può più ignorare la globalizzazione o meglio la multirazzialità e la multiculturalità che stanno segnando da anni il nostro paese, ma va inevitabilmente tenuto conto delle specificità delle diverse etnie presenti sul territorio.