Quando e come nasce la parola placebo

Nel XIII secolo la Chiesa cattolica introdusse un rituale riservato ai moribondi. Alle preghiere del sacerdote la comunità dei fedeli rispondeva cantando in latino il Salmo 116.9, che iniziava con le parole Placebo Domino , ovvero per il piacere del Signore. In Francia, durante questa cerimonia si offriva del cibo ai partecipanti alla preghiera e molti, fingendosi parenti, accorrevano per ottenere del cibo gratuito, da ciò il soprannome cantori del placebo, che in senso più ampio assunse un senso negativo: mostrarsi falsamente addolorati per ottenere qualcosa. Lo scrittore Chaucer nei Racconti, chiama Placebo, un adulatore interessato. È nel 1811 che la parola compare nel Hooper’s Medical Dictionary a indicare “ogni medicina somministrata più per far piacere che far del bene al paziente.” Inizia così la storia più recente dell’effetto placebo, sia in farmacologia che nel linguaggio comune dove assume il significato metaforico di accontentare l’interlocutore senza realmente fornirgli alcun vantaggio reale. Il Professor Fabrizio Benedetti, della Facoltà di Medicina dell’Università di Torino, è uno dei maggiori esperti al mondo di effetto placebo ed egli ritiene che non ne esista uno solo ma molti, basati su differenti meccanismi e legati a più condizioni mediche e interventi terapeutici. Un effetto placebo può essere indotto da una aspettativa di un calo del dolore che riduce l’ansia, oppure produce un effetto sul nucleus accumbens, zona deputata alle sensazioni di gratificazione e piacere nel nostro cervello, con rilascio di dopamina. In questo caso, il trattamento consiste proprio nella ricompensa che si ottiene quando ci si convince che in pochi minuti, assunto il farmaco che non si sa essere un placebo, ci si sentirà subito meglio. Un effetto placebo può essere indotto anche dall’esperienza: se un particolare farmaco ha funzionato nel passato, un placebo della stessa forma e colore potrà ottenere un risultato analogo.