Written by 2:16 pm Psicologia

Dismorfofobia: non mi piaccio e sto male

 
del dott.
Carlo Bertana
dermatologo
Presidente SIDEC
(Società Italiana
Dermatologia Estetica
e Correttiva)

 

 

È sempre più frequente ricevere a studio adolescenti che, al momento di precisare il motivo della consultazione, chiedono insistentemente informazioni e terapie per un disturbo estetico di piccolissima entità. In alcuni casi addirittura non è oggettivamente presente il disturbo lamentato e non è visibile o riscontrabile in alcun modo al momento della visita un brufolo sul viso o una supposta deformità del naso, o delle orecchie, che il giovane paziente descrive. È difficile per il medico non allenato valutare rapidamente il valore di quello che viene raccontato e convenire che non si tratta di una semplice transitoria fissazione, ma può essere piuttosto la manifestazione di una forma di BDS (Body Dismorphic Syndrome) o sindrome di dismorfismo corporeo, altrimenti definita “dismorfofobia”. In sostanza le persone affette da questo problema soffrono a causa della convinzione di avere un difetto fisico significativo e visibile dagli altri, e ne sono talmente coinvolti da subirne importanti interferenze nell’ambito della vita di relazione affettiva o lavorativa.

Sintomatologia

Gli adolescenti che soffrono di BDS lamentano la presenza di un disturbo per lo più di ordine estetico. Le idee di deformità possono riguardare l’intera persona, la forma e le dimensioni del corpo, o singole parti quali la pelle, il naso, gli occhi, la bocca, i denti, le orecchie, le sopracciglia, la mandibola, il seno, i glutei, i genitali. In alcuni casi l’organo o la superficie su cui si accentra l’attenzione del soggetto presentano una piccola affezione di modesto valore estetico, in altri casi invece nessun difetto o variazione sono visibili nell’area indicata. L’importanza attribuita alla propria immagine li porta a compromettere il proprio rendimento nell’ambito scolastico, a causa della convinzione di essere osservati proprio nel difetto temuto. Vengono perciò adottate manovre o condotte volte a nascondere o mascherare la “deformità” con i capelli, o con l’abbigliamento. Vari comportamenti accompagnano e contraddistingono il sentimento dismorfofobico, con rituali che si ripetono molte volte al giorno.

Lo specchio

La BDS ha un incidenza stimata tra lo 0,1 e 2% della popolazione. É probabile che esista una sottostima della sua incidenza perlomeno per i casi non complicati da altre complicazioni psicopatologiche che sono quelle che più frequentemente portano alla richiesta di intervento neuropsichiatrico e alla formulazione della diagnosi. Riguardo l’inquadramento etiopatogenetico di questi pazienti, sembra comunque interessata l’attività serotoninergica: è stata osservata la comparsa in soggetti che assumevano antagonisti della serotonina e d’altra parte, soprattutto per gli adulti, tra i farmaci più efficaci si utilizzano appunto gli antidepressivi che agiscono sul re-uptake della serotonina. Nella maggior parte dei casi l’esordio avviene nel corso della seconda decade di vita, con un’età media di 13-16 anni. La durata del disturbo oscilla dai 12 ai 16 anni. Un ruolo fondamentale lo svolge lo specchio, il vero nemico, nel quale alcuni di questi pazienti sono costretti a verificare continuamente e compulsivamente la propria condizione, mentre altri adottano il comportamento opposto evitando accuratamente non solo lo specchio ma perfino tutte le superfici riflettenti. Le manovre allo specchio comportano in alcuni casi misurazioni accurate o rilevamenti di vario tipo tesi a valutare la temuta progressione del disturbo. Alcuni poi, oltre a misurare la parte non gradita, paragonano ripetutamente il proprio aspetto con quello delle altre persone o addirittura si impegnano per convincere gli altri della propria bruttezza. Altri leggono voracemente tutto ciò che riguarda il difetto o evitano tutte le situazioni nelle quali il difetto può essere osservato o notato, oppure, penosamente, vivono con intensa ansia e imbarazzo la presenza di estranei. Alcuni cercano una soluzione chiedendo ai genitori di essere accompagnati da medici, dermatologi, chirurghi estetici e sottoponendosi a terapie o interventi che non riescono a risolvere il problema, ma spesso solo a rimandarlo.

Disturbo ossessivo-compulsivo

La BDS viene attualmente inquadrata tra i disturbi ossessivi-compulsivi proprio a causa della progressiva invasività del pensiero dismorfico, perlomeno quando non si associ ad altri sintomi chiari di una psicosi (nel qual caso si impone la diagnosi aggiuntiva di disturbo delirante). La gravità con la quale queste persone sono in balia del pensiero ossessivo è estremamente variabile e spazia da un livello minimo, nel quale c’è una buona consapevolezza a un livello massimo che ha tutte le caratteristiche di un delirio incoercibile e nel quale il soggetto è completamente in balia del disturbo.

Esiste un basso grado di dismorfofobia?

Oltre agli individui affetti da una “vera” BDS, si ritiene che ci sia un numero maggiore di persone che presentano bassi gradi dello stesso disturbo. Seppure non molto frequentemente si tratta di adolescenti che presentano una vera e propria BDS, soprattutto per la severità con la quale il disturbo influenza e condiziona la qualità della vita personale, d’altra parte è anche vero che è molto più frequente incontrare persone che presentano solo alcune note dismorfofobiche. Il pensiero rivolto a questi aspetti della propria apparenza è eccessivo e ripetuto nella giornata, come anche le attenzioni a base di cure mediche o estetiche, attività fisica o severità dietetiche, anche se, per lo più, tale tormentone non arriva a disturbare significativamente il loro benessere. Questo avviene cioè senza che il pensiero e la percezione dismorfofobica interferiscano “significativamente” con la qualità della loro vita e delle attività relazionali.

Quante richieste sono condizionate da questo atteggiamento?

Quanti pazienti, angosciati per un leggero sovrappeso o per un naso che ritengono ingombrante, nascondono un qualche grado di dismorfofobia? Quanto sono a rischio queste persone? O meglio, è possibile che sviluppino in seguito una vera e propria BDS? E ancora, sono tutti i medici in grado di valutare quale atteggiamento o strategia terapeutica è in grado di avere effetti benefici o di prevenire un possibile peggioramento?

Trattamento

Il trattamento classico della BDS dal punto di vista farmacologico, perlomeno per le situazioni di maggiore severità, prevede la assunzione di pimozide e di antidepressivi inibitori del re-uptake della serotonina. Sul versante invece delle terapie non farmacologiche si considera parimenti utile l’adozione di una psicoterapia cognitiva-comportamentale, finalizzata al raggiungimento di due obiettivi fondamentali: l’evitamento o la riduzione dei comportamenti ritualistici (il frequente ricorso allo specchio, le cure eccessive, la richiesta di assicurazioni) e l’aumento dell’autostima attraverso la adozione di strategie di confronto. La terapia analitica non sembra dare particolari risultati. Quello però che è necessario sapere è che molti genitori tendono a opporsi in maniera decisa ai trattamenti psichiatrici o psicoterapeutici e ogni invio è difficile o addirittura pericoloso, dato che sono stati descritti episodi di suicidio nel momento in cui il paziente si è sentito “scaricato” dal medico. In realtà molti pazienti, e soprattutto quelli che hanno basse intensità di disturbo, vogliono esser curati dallo specialista al quale si sono rivolti (dermatologo, pediatra, chirurgo plastico, medico estetico, etc). e in alcuni casi l’esecuzione da parte dello specialista dell’intervento richiesto può avere effetto risolutore sul quadro dismorfofobico mentre in altri casi invece la preoccupazione si sposta su un’altra area corporea e il problema si ripresenta inalterato.

Il management del paziente dismorfofobico

Là dove la struttura lo consenta, è utile incontrare il paziente in equipe con lo specialista psicologo o psicoterapeuta, realizzando, perlomeno nelle fasi iniziali, una liason-consultation. Dove ciò non è possibile, l’atteggiamento con il quale “prendere in carico” il paziente condizionerà tutto il successivo andamento. Stabilire un rapporto di accettazione e di fiducia, seguendo le regole basilari di un buon counseling medico, è il presupposto di base da cui partire per assistere questi pazienti. Queste le norme comportamentali per determinare un approccio favorevole:
1) all’inizio della visita medica l’Esame Obiettivo deve essere corretto e scrupoloso, in modo da non dare adito a dubbi sulla solidità della diagnosi.
2) lo specialista deve disporre tutti gli accertamenti che ritenga opportuni.
3) ancora più importante è evitare di ripetere inutilmente accertamenti già eseguiti;
4) è opportuno che l’atteggiamento del medico testimoni l’attenzione concessa nei confronti del sintomo e della convinzione del paziente, lasciando però parimenti intatta la manifestazione del riscontro oggettivo negativo;
5) un eventuale invio allo psichiatra o psicoterapeuta va effettuato con molta prudenza cercando di evitare che il paziente possa provare la sensazione di essere abbandonato. è possibile, anzi è frequente, che il paziente racconti o descriva legami di causalità riguardo ai propri disturbi che appaiono assolutamente opinabili o inattendibili secondo l’inquadramento medico classico. La maggiore difficoltà consiste nel far convivere la convinzione del paziente e la oggettività clinica. Accettare di ascoltare le fantasie e i legami che il paziente ha stabilito tra fattori diversi della propria storia non vuol dire accettarne la oggettiva validità, ma piuttosto testimoniarne il rispetto. E se si è in grado di andare un po’ oltre, si scoprirà che un ascolto attento teso a facilitare l’espressione delle relazioni fantastiche e fantasmatiche che quella persona ha costruito può orientare verso il riconoscimento dei vissuti emotivamente significativi.

Considerazioni

Gli individui affetti da BDS condividono una particolare impostazione caratteriale, contraddistinta da un ideale perfezionistico che li spinge ad accettare di seguire regole severe di restrizioni dietetiche o di attività tese a migliorare il loro aspetto secondo ideali di forma fisica e di bellezza stereotipati ed estremi. In questo panorama, la sindrome dismorfica è forse il paradigma di una aspettativa sempre più frequentemente riposta nel medico al quale, attraverso un disturbo del corpo, il paziente riesce in qualche modo a chiedere un rimedio soprattutto per le insufficienze e le insicurezze dell’animo.

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Tag:, , , , Last modified: Luglio 6, 2020
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