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Antibiotici e allattamento: quali rischi si corrono?

Alimentazione

Durante l’allattamento circa il 90% delle madri assume un farmaco nella prima settimana dopo il parto e la percentuale di allattamento tende a decrescere se le donne necessitano di una terapia farmacologica. In particolare, il 22% delle donne che richiede un’antibioticoterapia, anche se considerata sicura in allattamento, non inizia la terapia o smette di allattare. Considerando i numerosi benefici, a breve e lungo termine, sia per il bambino sia per la madre, l’allattamento al seno in maniera esclusiva per i primi 6 mesi di vita del lattante è raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Pertanto, è di fondamentale importanza un’attenta valutazione della terapia farmacologica prescritta, tenendo conto che l’eventuale controindicazione ad allattare al seno implica la perdita dei documentati benefici dell’allattamento. Un eventuale rischio per il lattante, legato al passaggio del farmaco nel latte materno, può dipendere da numerosi fattori correlati al farmaco, alla madre e al lattante stesso. In generale, il passaggio dei farmaci nel latte materno è favorito per i farmaci con basso peso molecolare, lunga emivita (tempo necessario per dimezzarne la quantità nell’organismo), elevata liposolubilità e basso legame alle proteine plasmatiche. Anche lo stadio della lattazione condiziona la quota di farmaco a cui potenzialmente potrebbe essere esposto il lattante. Nella fase di produzione del primo latte, il colostro, i farmaci passano più facilmente ma, considerando il volume limitato di colostro, la dose del farmaco ingerita dal lattante è minima. Al contrario, nelle fasi più avanzate della lattazione, pur essendo il volume di latte maggiore, una minore quantità di farmaci passa nel latte materno. Fattori da considerare sono la frequenza e la durata dell’allattamento al seno, la posologia della terapia materna, la durata dell’azione del farmaco (breve vs preparazioni a lunga durata d’azione), la via di somministrazione (sistemica vs topica). In linea di massima, gli eventi avversi nel lattante per applicazione topica di antibiotici sono poco probabili, poiché l’assorbimento viene considerato limitato e il rischio per l’allattamento nullo. L’applicazione topica nella regione del capezzolo e il diretto contatto del lattante devono essere utilizzati con cautela. Per quanto riguarda il lattante i fattori principali da considerare sono correlabili a prematurità, deficit enzimatici e immaturità della barriera ematoencefalica. Penicilline e inibitori della beta-lattamasi
Le penicilline e gli inibitori della beta-lattamasi, sono antibiotici con una bassissima tossicità cellulare. Il loro uso nelle donne in allattamento è generalmente sicuro, in quanto solo minime quantità di farmaco raggiungono il latte materno. Inoltre, la maggior parte delle penicilline somministrate per via orale subisce una degradazione nell’ambiente acido dello stomaco. Le penicilline non presentano tossicità diretta, ma possono determinare reazioni di ipersensibilità e alterazioni nel microbiota intestinale del lattante. Amoxicillina e ac. clavulanico presentano uno scarso passaggio nel latte materno mentre Ampicillina e Sulbactam hanno un passaggio minimo e gli unici eventi avversi riferiti sono rash cutaneo e alterazioni del microbiota. Cefalosporine
Le Cefalosperine presentano lo stesso meccanismo d’azione delle penicilline. Sia le formulazioni orali sia quelle parentali presentano un limitato passaggio nel latte materno e pertanto sono considerate sicure in allattamento. Il riscontro di effetti avversi e/o di diarrea / candidosi è trascuarbile.
Carbapenemi e monobattami
Ertapenem e Meropenem, seppur con dati limitati, presentano bassi livelli nel latte materno e non sono stati finora associati a eventi avversi nel lattante. Anche l’Aztreonam è considerato accettabile durante l’allattamento.
Macrolidi
I principi attivi maggiormente utilizzati tra i macrolidi sono la Claritromicina, l’Azitromicina e l’Eritromicina che presentano bassi livelli nel latte materno e la maggior parte degli effetti riportati include modifiche della flora gastrointestinale del lattante pertanto ne è indicato il monitoraggio. Studi epidemiologici indicano un aumento del rischio di stenosi ipertrofica da restringimento del piloro nei lattanti esposti durante i primi mesi di allattamento.
Licosamidi
Clindamicina e Lincomicina, seppur con dati limitati, presentano bassi livelli nel latte materno e non sono stati finora riportati eventi avversi nel lattante anche se è indicato il suo monitoraggio per eventuale dismicrobismo intestinale.
Tetracicline
Le Tetracicline passano nel latte materno in bassi livelli; inoltre, vengono scarsamente assorbite nel tratto gastrointestinale del lattante poiché il calcio presente nel latte materno ne limita notevolmente l’assorbimento. Dioxiciclina e Minociclina, per la minore affinità al calcio, presentano una maggiore probabilità di assorbimento nel tratto gastrointestinale del lattante, ma non sono riportati eventi avversi.
Aminoglicosidi
Gli aminoglicosidi, grazie alla loro struttura molecolare polare, attraversano con difficoltà le membrane biologiche. Gentamicina, Amikacina, Kanamicina e Tobramicina mostrano uno scarso passaggio nel latte materno anche nelle formulazioni topiche. Alcuni studi riportano che i neonati sembrerebbero assorbire una quota maggiore di gentamicina rispetto ai lattanti più grandi, ma i livelli ematici raggiunti risultano inferiori alle dosi terapeutiche neonatali.
Amfenicoli
Il cloramfenicolo, grazie al suo basso peso molecolare e l’elevata liposolubilità si diffonde molto rapidamente in tutti i tessuti e nel latte materno. Il suo uso è stato associato a numerosi eventi avversi (vomito, coliche addominali, meteorismo, eccessiva sedazione) in lattanti le cui madri erano in terapia con tale farmaco. La quantità di farmaco assunta attraverso il latte materno non è tale da poter indurre la sindrome del bambino grigio intossicazione da cloramfenicolo caratterizzata da vomito, rifiuto dell’allattamento, respiro irregolare, distensione addominale, cute grigia, ipotermia, shock, possibile esito letale), ma sebbene non descritta in letteratura, non è esclusa l’anemia aplastica indotta da cloramfenicolo.
Sulfamidici e trimetoprim
Passano nel latte materno in quantità variabile, presentando una diversa affinità di legame per l’albumina plasmatica e competendo con la bilirubina per lo stesso legame. Nel caso di deficit nel lattante dell’enzima glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD), necessario per il mantenimento della forma dei globuli rossi, i sulfamidici possono determinare emolisi acuta. Pertanto, nelle madri dei lattanti con iperbilirubinemia o deficit G6PD, dovrebbero essere utilizzati con cautela durante le prime sei settimane post-partum. Chinolonici
I Fluorochinoloni in passato erano controindicati in allattamento a causa di un rischio di danno delle articolazioni in accrescimento del lattante.Tuttavia, studi più recenti hanno mostrato che tale è rischio è da ritenersi quasi nullo. La ciprofloxacina, la Levofloxacina e la Ofloxacina, presentano bassi livelli nel latte. Si consiglia di posticipare la poppata rispettivamente di 3-4 ore e 4-6 ore rispetto all’assunzione della terapia.
Nitrofurani
La Nitrofurantoina presenta una bassa escrezione nel latte ma se c’è deficit nel lattante dell’enzima G6PD, può determinare emolisi. In tale caso, va utilizzata con cautela nella donna che allatta.

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