La maggior parte dei disturbi del linguaggio si risolve da sé ma a volte occorre un intervento precoce del professionista
intervista alla Dott.ssa Silvia Luisetti, Logopedista, Correggio (RE) a cura di Danilo Panicali
Secondo uno studio spagnolo (vedi box) pubblicato l’anno scorso sulla “Revista de Logopedia, Foniatria y Audiologia” (Volume 43, july-september 2023, 100315), i bambini nati subito prima o durante il periodo della pandemia, hanno dimostrato una maggiore difficoltà nello sviluppare le loro abilità linguistiche. Secondo i quattro psicologi, autori dell’articolo, docenti dell’Università Autonoma e della Complutense di Madrid, il motivo è da ricercarsi principalmente nella mancanza di interazione sociale propria del periodo di isolamento cui sono stati costretti i bambini e gli adulti, di quasi tutta Europa. è infatti proprio attraverso il confronto quotidiano con gli altri che i bambini imparano le prime parole e progressivamente ampliano il proprio vocabolario di base, capendo tra l’altro l’effetto che i vocaboli hanno sul prossimo e memorizzandoli. La problematica, scrivono i 4 ricercatori, probabilmente si risolverà e si sta gia risolvendo da sé, con il ritorno alla normalità e l’abbandono della mascherina, schermatrice di microbi ma anche di sorrisi ed espressioni facciali fondamentali per l’apprendimento infantile. Tuttavia per i soggetti più fragili, il ritardo nell’apprendimento comunicazionale può costituire una ulteriore difficoltà nel corretto inserimento sociale, amplificando criticità psicologiche già in nuce. Ma cosa si può dire ai genitori preoccupati? Quando è necessario ricorrere a un esperto in materia e quando invece basta consigliare pazienza? E ancora, c’è qualcosa che il genitore può fare per stimolare l’apprendimento del linguaggio parlato nel piccolo? Ne abbiamo discusso con Silvia Lusetti, logopedista pediatrica, creatrice del portale
Logopedista.it (forum online con oltre 30.000 partecipanti), autrice dell’interessante volume pubblicato da Sperling e Kupfer, intitolato: “Dai, giochiamo a parlare – Strategie, giochi e canzoncine per stimolare il linguaggio”.
Dottoressa Luisetti, quali sono i principali disturbi del linguaggio in età pediatrica?
Ce ne sono diversi. Il ritardo nello sviluppo del linguaggio, a esempio, è un disturbo molto comune, caratterizzato da una comparsa tardiva delle prime parole. Con il termine DSL, invece si indica il Disturbo specifico del linguaggio: una difficoltà persistente nell’acquisizione e nell’uso del linguaggio, non attribuibile a un deficit uditivo o cognitivo, che per risolversi necessita di un percorso specifico guidato da un logopedista. Discorso a parte merita la Disprassia del linguaggio, ossia la difficoltà nell’organizzazione e nell’esecuzione dei movimenti coinvolti nella produzione del linguaggio, nonostante l’assenza di deficit motori primari. Il bambino infatti riesce a muovere senza difficoltà la muscolatura orofacciale ma ha difficoltà nell’articolare il linguaggio. Il Disturbo fonetico-fonologico: consiste invece nella pronuncia imprecisa di alcuni suoni del linguaggio, che possono essere distorti (dislalia) o sostituiti da altri fonemi. Anche la balbuzie, ossia il Disturbo disfluente del linguaggio, è una problematica diffusa che si manifesta con interruzioni involontarie nella produzione del linguaggio, come ripetizioni di suoni, sillabe o parole, o blocchi nella produzione del suono. Può risolversi spontaneamente se è fisiologica, cioè si manifesta durante l’esplosione del linguaggio e scompare entro sei mesi dall’esordio. In caso contrario può persistere anche nell’età adulta. Infine tra i disturbi più frequenti vi è quello della comunicazione sociale (pragmatica). Riguarda la difficoltà nella comprensione e nell’uso del linguaggio nelle interazioni sociali e la mancanza di rispetto delle convenzioni sociali del linguaggio.
In che modo influiscono sulla crescita del bambino?
I disturbi del linguaggio possono influire sulla crescita e sullo sviluppo del bambino in diversi modi. Prima di tutto nella socialità: la capacità di comunicare efficacemente è importante per lo sviluppo delle relazioni sociali, in particolare quando inizia la scolarizzazione. I bambini con disturbi del linguaggio spesso non riescono a farsi capire, rendendo difficile la relazione sociale. Ciò può essere fonte di frustrazione e stress, influenzando negativamente l’autostima e il benessere emotivo. Inoltre alcuni bambini con disturbi del linguaggio possono manifestare comportamenti sfidanti, capricci ricorrenti, o essere soggetti a problemi emotivi, come l’ansia o la depressione, a causa delle frustrazioni legate alle loro difficoltà comunicative. Non va sottovalutata neanche l’ipotesi che la mancata comunicazione comporti un ritardo nello sviluppo cognitivo. Siamo infatti in grado di pensare solo ciò che sappiamo anche dire, e senza parole non c’è pensiero. Perciò le difficoltà nel linguaggio possono influenzare la capacità del bambino di elaborare informazioni, risolvere problemi e ragionare in modo critico. Infine, si hanno sicuramente ripercussioni in ambito scolastico visto che tutto si ripercuote nell’apprendimento e nell’acquisizione della lettura, della scrittura e della comprensione del testo, influenzando negativamente il rendimento scolastico.
Questi disturbi possono essere corretti o vi sono casi in cui è difficile ottenere miglioramenti?
Nella maggior parte dei casi un disturbo del linguaggio si risolve positivamente, con un intervento logopedico tempestivo e un sostegno costante e quotidiano da parte della famiglia nello stimolare correttamente il bambino; ciò determinerà la prognosi, cioè in quanto tempo si risolverà il problema. Nel caso la famiglia deleghi interamente il percorso di stimolazione al logopedista, senza sostenerlo a casa nel rifare le varie attività ed esercizi, il percorso potrebbe certamente protrarsi per tempi molto più lunghi. I genitori infatti sono sempre la migliore risorsa del proprio bambino, in particolare nei primi anni della sua vita.
Quando bisogna rivolgersi allo specialista?
Le linee guida indicano la soglia di 50 parole prodotte a due anni: se un bambino non produce almeno 50 parole, contate inserendo anche suoni onomatopeici, parole pronunciate in modo errato, parole esclamative e funzionali, potrebbe manifestare uno dei disturbi di linguaggio di cui abbiamo parlato. Tuttavia in presenza dei prerequisiti del linguaggio alcuni bambini con una giusta stimolazione familiare possono recuperare spontaneamente, entro i tre anni. In assenza di produzione verbale e dei prerequisiti della comunicazione a due anni è sempre consigliata la valutazione neuropsichiatrica per valutare il percorso migliore da intraprendere con il bambino.
Cosa può fare il genitore?
Preoccuparsi, inteso non nel senso di andare in ansia o agitazione se il proprio bambino non parla. Preoccuparsi, invece, nel senso letterale del termine, cioè “occuparsi di”, trasformarsi ed essere la migliore risorsa dei propri bambini, stimolando il loro linguaggio quotidianamente con il gioco, con le strategie corrette, con le canzoncine. Ci sono tanti modi per farlo – come spiego anche nel mio libro “Dai Giochiamo a Parlare” – fornendo una serie di istruzioni e strumenti pratici e semplici che possono accompagnare i genitori nel meraviglioso viaggio alla scoperta del linguaggio. Per chi tra il bagnetto e la nanna, vuole trovare un gioco da fare con il proprio bimbo o una canzoncina da cantare; per chi è curioso di scoprire come funziona il linguaggio; per chi ha un figlio che ancora non parla o pronuncia male tante semplici paroline.