Sono sempre di più le giovanissime che utilizzano trucchi e cosmetici non adatti alla loro pelle
Il fenomeno dei Sephora Kids è all’attenzione della comunità scientifica. Se ne è discusso anche durante il XXIV Convegno nazionale di Dermatologia per il Pediatra, “Dalla morfologia alla diagnosi le note della dermatologia”, tenutosi a maggio scorso a Riccione. Ma è diventato anche oggetto di curiosità visto che se ne parla molto anche sui giornali, nei podcast, sui social media. Per chi non lo sapesse, con il termine Sephora Kids ci si riferisce a bambine, soprattutto, tra gli 8 e i 13 anni, che si prendono cura della propria pelle in maniera ossessiva, utilizzando prodotti cosmetici, ma non solo, pensati e più adatti a donne adulte. Giovanissime che sui social mostrano la loro quotidiana beauty routine, fatta di creme esfolianti e antirughe, ovviamente pur non avendone ancora bisogno. Il fenomeno è in crescita, come testimoniato dai tantissimi video che circolano in rete o vengono riproposti dai telegiornali in cui vengono proposte le immagini di negozi di cosmetici o profumerie, presi d’assalto da bambine, accompagnate da genitori più o meno disperati, incapaci di dire loro di no dinanzi all’ennesima richiesta di una crema viso resa popolare dall’influencer o dalla cantante di turno. Tra queste giovani consumatrici c’è persino chi riesce a convincere i genitori, e talvolta il medico estetico, di aver bisogno di qualche iniezione di botulino, o filler alle labbra. Perché labbra più grandi e definite, seppure esibite a 12 anni, renderanno più attraenti in un video postato su instagram, tik tok, o youtube e sono considerate “fondamentali” per l’avvio di una propria carriera come influencer. Tra i Sephora kid più famosi vi è North West, la figlia dell’influencer americana Kim Kardashian che condivide online con oltre 19 milioni di utenti i video in cui mostra la sua beauty routine che prevede decine di prodotti cosmetici.Tutto questo ha per forza di cose cambiato l’atteggiamento delle aziende e reso ancora più difficile il lavoro dei commessi che certamente sanno di vendere prodotti non consoni per una clientela così giovane, ma che non possono avanzare dubbi vista la presenza di un adulto consenziente. Ma le conseguenze più importanti si registrano a livello di salute fisica e mentale. Tra i primi a lanciare l’allarme è stata la dermatologa pediatrica Tess McPherson, esponente dell’Associazione Britannica dei Dermatologi che ha dichiarato alla BBC che questi prodotti, di solito ricchi di retinolo e acidi esfolianti aggressivi come quello glicolico, possono produrre allergie ed eczema sulle pelli giovani, oltre al fatto che molte di queste formulazioni, molto profumate, possono sviluppare allergie da contatto. Il rischio di irritazione e di sensibilizzazione aumenta poi in caso di applicazione di più strati di cosmetici, pratica appunto comune tra i Sephora Kids. L’evidenza di quanto sostenuto si trova negli stessi social che alimentano l’utilizzo di questi prodotti. è infatti uso comune tra i giovani cercare le soluzioni per i propri supposti inestetismi su internet e, come evidenzia una ricerca recente, gli hashtag #DermatiteAtopica e #CheratosiPilare hanno superato i 40 milioni di visualizzazioni su TikTok. Bisognerebbe forse esigere una maggiore responsabilità dagli influencer, ricordando loro che i più giovani dovrebbero limitarsi all’applicazione di una crema idratante in caso di eczema e di pelle atopica o di un protettore solare specifico per la loro pelle che ancora è molto fragile e necessita di attenzioni particolari. Preferendo sempre creme e cosmetici ipoallergenici, senza profumi o conservanti ecc… Più complicato ancora, invece, indagare le ripercussioni sociali e psicologiche del fenomeno sin qui descritto. Tralasciamo di approfondire temi quali l’incapacità che molti soggetti nella fase adolescenziale non riescono a prendere le distanze da standard di bellezza irraggiungibili, oppure le evidenti difficoltà ad accettare le proprie problematiche estetiche e imperfezioni, che fanno parte di chiari quadri di dismorfofobie, anch’essi in crescita fra i più giovani. Si dovrebbe partire, infatti, da una valutazione più ampia su come la società occidentale contemporanea sia in buona parte ossessionata dalla bellezza, dall’apparenza e dalla paura d’invecchiare. C’è chi obietta che voler apparire sempre nella forma migliore, ricorrendo ai trucchi e arrivando anche a cambiarsi i connotati del volto, non è un fenomeno recente ma nella storia umana ha radici molto più antiche e che ad amplificarlo sono stati i social media che hanno diffuso informazioni incontrollate e modelli di riferimento eccessivi, come fossero raggiungibili da tutti, anche dai bambini. E naturalmente ci sono anche i genitori che hanno la responsabilità in primis di non saper dire di no ai figli ma anche di evitare di discutere di argomenti, forse difficili da affrontare in famiglia, quali un rapporto più sano con il proprio corpo o la stessa sessualità adolescenziale. Responsabilità ben più grave quando, oltre che assecondare i comportamenti emulativi ne sono loro stessi promotori, incoraggiando mode e tendenze già discutibili per gli adulti, come le diete estreme, il piercing o i tatuaggi. C’è anche un altro fattore da prendere in considerazione, ossia quella che viene chiamata FOMO, acronimo di Fear Of Missing Out: la paura di perdere qualcosa o restare esclusi dal trend del momento. Si tratta di un comportamento che rientra pienamente nell’ambito della sociologia e della psicologia di gruppo. Molti giovani in cerca di una propria identità, ma anche parecchi adulti insicuri, tendono a seguire determinati comportamenti praticati dai leader del loro gruppo sociale di appartenenza, per non sentirsi emarginati e, allo stesso tempo, trarre forza dalla somiglianza con gli altri membri della propria comunità. Di conseguenza se tutti gli amici seguono una skincare quotidiana, una bambina, già di per se insicura, farà pressione sui suoi genitori affinché le permettano di fare lo stesso. Non va nenache trascurata l’influenza che hanno i programmi di fotoritocco disponibili sulle diverse app da telefonino, che oltre a fornire filtri fotografici in cui ci si può specchiare “provando” virtualmente make-up diversi, spingono a replicare quanto si vede anche nel mondo reale. Questi programmi, tra l’altro, consentono anche di ritoccare (naturalmente sempre in modo virtuale) i propri connotati modificando a esempio le labbra simulando un effetto filler, alzando gli zigomi, rifacendosi il naso come la modella o l’attrice che si desidera emulare. Anche in questi casi, come accennato prima, il rischio è che si sviluppi un anomalo interesse verso la chirurgia plastica ed estetica, magari assecondata dai genitori, senza tenere conto, a esempio, che nel corso degli anni i volumi del volto andranno incontro a modificazioni o che semplicemente si potrà cambiare i propri gusti, raggiungendo una maturità estetica che si acquisisce quando si diventa più grandi. Non è un caso quindi, come segnalano tanti psicologi, che ora più che mai tantissime persone, giovani e non, soffrano di quei ricodati disturbi dismorfofobici che fanno percepire il proprio corpo come difettoso e bisognoso di modifiche (chirurgiche e non) al fine di poterlo adeguare a standard, spesso irraggiungibili. Un disturbo psicologico e sociale che può sfociare in anoressia o bulimia, provocare stati d’animo depressivi o aggravare complessi psicologici legati al proprio aspetto. In sintesi, se questo cambiamento sociale ha di fatto ampliato il mercato dermocosmetico a fasce d’età in cui prima si giocava principalmente alle bambole, anche le aziende dovrebbero assumere un atteggiamento più etico e responsabile, per esempio non utilizzando immagini pubblicitarie di modelle sempre più giovani e ambiguamente provocatorie. Certo è difficile sottrarsi alle sirene di un mercato emergente i cui tassi di crescita annuali sono a due cifre. Non si può neanche far finta di non sapere che il numero dei consumatori minorenni di prodotti di bellezza è in costante aumento in tutto il mondo. Si può, però, in maniera consapevole e responsabile almeno impegnarsi a formulare linee cosmetiche che siamo il più possibile appropriate per le pelli più giovani, che magari non promettano di intervenire sulle rughe precoci, ma che invece agiscono positivamente sulla grana della pelle, detergendola e disinfettandola se è grassa o a tendenza acneica, nutrendola e proteggendola in caso di esposizione solare o disidratazione. Un approccio, insomma, utile e proficuo per insegnare fin dalla giovinezza a prendersi cura e a garantire alla propria cute quelle attenzioni di cui essa abbisogna, anche in tenera età.