Parliamo di una malattia rara che si manifesta con un ridotto assorbimento di cloro, sodio e potassio
Era il 1960 quando Frederic Crosby Bartter, un endocrinologo statunitense, descrisse per la prima volta una malattia nella quale si assiste a un ridotto riassorbimento di cloro, sodio e potassio a livello della branca ascendente dell’ansa di Henle. La Sindrome di Bartter, questo il suo nome, è una malattia genetica che si calcola colpisca 1 individuo su 830.000. Ne esistono cinque varianti, 4 a trasmissione autosomica recessiva e una a trasmissione autosomica dominante. Inoltre, a seconda del gene coinvolto, fa la sua comparsa in età prenatale, subito dopo la nascita, oppure nella prima infanzia. I sintomi vanno da un ridotto sviluppo o nascita prematura, se esordisce in epoca prenatale, fino alla disabilità intellettiva. Il difficoltoso riassorbimento di sali a livello renale, provoca ipokaliemia, ipocloremia e alcalosi metabolica che può associarsi ad alti dosaggi di renina nel sangue e iperaldosteronismo. A loro volta queste problematiche possono dare il via a una sintomatologia piuttosto varia come nausea, vomito, vertigini, debolezza, mal di testa, ipotensione, etc. Ogni variante, poi, può comportare sintomi strettamente correlati al gene mutato e al conseguente coinvolgimento del canale o del co-trasportatore per il quale tale gene codifica. La Sindrome di Bartter di tipo I, coinvolge il gene codificante per il co-trasportatore sodio-potassio-cloro presente sull’ansa di Henle e comporta ipovolemia per perdita di sali. Inoltre, dato che lo stesso co-trasportatore è legato al riassorbimento del calcio, si assiste alla comparsa di ipercalciuria. Fattori che possono portare all’insorgenza di nefrocalcinosi o ipermagnesuria. Nel periodo prenatale si può sviluppare a un eccesso di liquido amniotico (polidramnios) secondario a poliuria fetale. Nella sindrome di Bartter di tipo II, invece, a essere coinvolto è il gene che codifica per il canale del potassio nella midollare del surrene. I sintomi sono simili a quelli del tipo I e anche in questo caso si può andare incontro a polidramniosi secondario a poliuria fetale. Tuttavia, in una fase iniziale, il neonato può manifestare una transitoria acidosi metabolica iperkaliemica. La Sindrome di Bartter di terzo tipo, conosciuta anche come Sindrome di Bartter classica, è provocata da mutazioni a carico del gene codificante per il solo canale del cloro di tipo Kb. Funzionando quindi i canali del cloro di tipo Ka, la sintomatologia tende ad essere più lieve e non c’è nefrocalcinosi. Le Sindromi di Bartter di tipo IV e IV B coinvolgono sia i geni implicati nella corretta sintesi dei canali del cloro Ka che quelli del cloro Kb. In questo caso la sintomatologia è piuttosto grave: i neonati possono manifestare un quadro clinico che imita l’ipoaldosteronismo ma che poi evolve verso l’alcalosi metabolica ipokaliemica quando l’organismo tenta di compensare la mancata attività dei suddetti canali. Caratteristica anche la sordità neurosensoriale. Infine, la variante V è provocata da una mutazione che interessa il gene codificante per il recettore sensibile al calcio, implicato nell’inibizione del riassorbimento di acqua e di diversi ioni, quali calcio, potassio e sodio. L’alterato funzionamento del recettore porta a ipocalcemia e conseguente ipercalciuria associate agli altri sintomi caratteristici della sindrome. Passando alla diagnosi, si effettua sulla base del quadro clinico del paziente e sull’esecuzione di esami volti a individuare la presenza e la concentrazione di elettroliti (sodio, potassio, cloruro, magnesio, bicarbonato, calcio) e di sostanze specifiche (renina e aldosterone) a livello plasmatico e/o urinario. Necessario anche effettuare appositi test genetici. La diagnosi differenziale, invece, va fatta con la pseudo-sindrome di Bartter, la Sindrome di Gitelman, la Fibrosi Cistica e la Malattia Celiaca. Nei casi di un rischio acclarato (genitori portatori sani e/o malati), è possibile la diagnosi prenatale. Per quanto riguardano le cure, non esistono attualmente terapie efficaci ma solo trattamenti per ridurre la sintomatologia cercando di ripristinare le condizioni normali e i livelli fisiologici di sali, che non vengono riassorbiti in maniera efficiente dal rene, tramite l’uso di integratori di minerali. Vengono somministrati anche antinfiammatori non steroidei per diminuire i livelli troppo alti di prostaglandina E2 e diuretici risparmiatori di potassio. Nei casi più gravi e/o in condizioni di stress, tipo post chirurgia, il reintegro di potassio e altri sali minerali può essere effettuato per via endovenosa. Infine, per quanto riguarda l’aspettativa di vita, per i pazienti affetti da sindrome di Bartter III, in seguito a diagnosi precoce e trattamento appropriato in neonati e bambini piccoli, si possono ottenere miglioramenti per quel che riguarda la crescita e lo sviluppo. Nei casi più gravi, invece, le aspettative di vita sono ridotte. (G.F.)