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Il carcinoma a cellule di Merkel

Parliamo di una forma di carcinoma cutaneo dalla forte recidività i cui fattori scatenanti sono ancora incerti

Le cellule di Merkel si trovano nello strato basale dell’epidermide e nei follicoli piliferi. Devono il loro nome al medico tedesco Fredrich Merkel che le identificò nel 1875 e sono particolarmente note in quanto riferibili al “Carcinoma Neuroendocrino” conosciuto con il nome di “Carcinoma a cellule di Merkel (CCM)”. Si tratta di un tumore raro (in Europa si contano 2.500 casi all’anno) che di solito colpisce, con una incidenza 30 volte inferiore al comune melanoma, gli uomini di carnagione chiara dopo i 50 anni ma anche in bambini e adolescenti, e si manifesta nelle zone corporee più fotoesposte come il collo (nel 48% dei casi). Molto spesso insorge in soggetti con sistema immunitario soppresso, come le persone affette da HIV o che hanno subito trapianti. Si ipotizza che un’altra delle cause concomitanti sia l’esposizione alla luce ultravioletta e alcune statistiche sembrerebbero confermare che gli psoriasici in cura con terapie a base di luce UVA e psoraleni sarebbero 100 volte più a rischio. Altri fattori causali, sono le malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide e alcune neoplasie come la leucemia linfatica cronica o linfoma. Uno studio condotto nel 2008 dall’Università di Pittsburgh, ha poi scoperto che un “poliomavirus delle cellule di Merkel” sarebbe presente in circa l’80% dei casi di CCM. Dai dati raccolti emerge che la maggior parte delle persone entra in contatto con il poliomavirus prima dei 20 anni e che se esso infetta le cellule, produce proteine in grado di indurne una crescita fuori controllo, promuovendo così l’insorgenza del tumore. Il fatto che però il 20% dei pazienti affetti da Carcinoma a Cellule di Merkel non presenti questo poliomavirus, e che viceversa chi ne è affetto non sempre sviluppa il cancro, fa ipotizzare che per essere determinante c’è bisogno di altri fattori come quelli citati in precedenza. Infine, la malattia sarebbe associata al carcinoma a cellule squamose (CCS), al carcinoma a cellule basali (CCB) e alla malattia di Bowen. Il carcinoma si presenta sottoforma di lesioni solide, indolori oppure di piccole escrescenze talvolta lucide, intorno alle quali a volte si possono vedere piccoli vasi sanguigni. Le lesioni sono per lo più rosse, blu, viola o color pelle e hanno un diametro di circa di 20 mm. La diagnosi iniziale è fondamentale in quanto si tratta di un tumore molto aggressivo ed è anche ad alto rischio di recidiva, che solitamente si verifica entro due anni dalla diagnosi del tumore primario. Purtroppo, in quasi due terzi dei casi il tumore non viene identificato o è scambiato per una neoformazione benigna, una cisti o follicolite. Un altro problema è che a volte insorge in sedi corporee diverse da quelle attese. Si tratta di percentuali basse: nel 5% si verifica sulle mucose, come bocca, cavità nasali e gola, dove è difficile osservarli. In uno studio, il 14% di CCM viene diagnosticato già nei linfonodi senza che siano comparse lesioni cutanee. Quando se ne sospetta la presenza, si procede con la biopsia del linfonodo sentinella (SLNB) per rilevare la presenza di eventuali cellule cancerose. Nel caso esse siano presenti allora il chirurgo rimuoverà tutti gli altri linfonodi locali dalla stessa area, e in alcuni casi userà la radioterapia. Le statistiche ci dicono che le metastasi raggiungono i linfonodi in un paziente su tre. Nel caso il linfonodo sentinella risulti negativo, i pazienti hanno un tasso di sopravvivenza di circa l’80% a 5 anni contro un tasso del 50% nel caso di positività. La terapia varia in base alla stadiazione. Il sistema AJCC prevede cinque fasi: la Fase 0 in cui il tumore è in uno stadio superficiale e non ha oltrepassato l’epidermide; la Fase I e Fase II in cui si ignora l’invasione nei linfonodi locali: in particolare nella Fase I il tumore è piccolo e a basso rischio mentre nella Fase II è più grande e ad alto rischio; la Fase III segnala che il tumore ha invaso i linfonodi locali ma non è andato oltre, infine nella Fase IV è accertata la presenza di metastasi diffusesi in parti del corpo lontane, linfonodi o organi al di là dei linfonodi locali. Ognuna di queste fasi è poi suddivisa in base al rischio a seconda delle diverse caratteristiche del tumore primario, metastasi linfonodali e/o metastasi a distanza. Il trattamento base prevede solitamente la completa asportazione del tumore primitivo. Se il rischio di recidiva o di diffusione ai linfonodi locali è alto allora di procede con un ciclo di radioterapia o chemioterapia. Chi ha avuto l’CCM deve convivere con la consapevolezza che dovrà sottoporsi a controlli abituali dal dermatologo. Il follow-up consigliato è ogni mese per 6 mesi, ogni 3 mesi per i successivi 2 anni e successivamente ogni 6 mesi. Importante anche controllarsi dalla testa ai piedi giornalmente in modo da segnalare immediatamente allo specialista la comparsa di qualche lesione sospetta. Infine,dovrà evitare il più possibile l’esposizione UV. (Emanuele Marchetti)

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Tag:, , Last modified: Novembre 21, 2022
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