Anche i più piccoli vivono le emozioni dell’innamoramento come gli adulti ma hanno meno difese
della Dott.ssa Gabriella La Rovere
I bambini possono innammorarsi? A giudicare dalle volte in cui i bambini raccontanto ai genitori i loro piccoli grandi drammi d’amore la risposta è sì. Ma di che tipo di sentimento stiamo parlando? Si dice che i sentimenti non abbiano età, ed effettivamente, con le relative eccezioni, ciò che può provare un bambino nei confronti di una compagna di classe della quale si dichiara innamorato, è paragonabile a ciò che sente un adulto. O quanto meno, pur non essendo capace di esprimere in toto i propri sentimenti (per mancanza di esperienze, vocabolario e mille altri motivi) è in grado di provarli con la stessa intensità. E allo stesso modo, se questo amore, come spesso capita, non è “corrisposto” o finisce, il bambino, e soprattutto l’adolescente, prova dolore. Sottovalutarlo è un errore che i genitori compiono spesso ma che può avere delle conseguenze e generare nei piccoli una insicurezza che a lungo andare può divenire patologica. Questo perché esistono bambini molto sensibili, incapaci di elaborare il loro “piccolo lutto” e di dimenticare, ma anzi, il ricordo della propria sofferenza può ingigantirsi con il tempo. E proprio di quest’ultima parla questo articolo. Fin dall’antichità, poeti e cantori dell’amore hanno scritto che quando un rapporto finisce, si forma una piccola cicatrice sul cuore. I primi a parlare di pene d’amore furono Saffo e Catullo, mentre in tempi più recenti il cuore spezzato sembra essere diventato il tema d’elezione di musica e cinema. Romanticismi a parte, uno studio pubblicato qualche tempo fa su Proceedings of the National Academy of Sciences, sembrerebbe dimostrare che vi è davvero una corrispondenza tra la delusione d’amore e malessere fisico. Secondo i ricercatori dell’Università del Michigan (Usa) che lo hanno condotto, infatti, quando soffriamo per amore nel cervello si attivano le stesse aree deputate all’elaborazione del dolore. Insomma chi è ignorato o viene lasciato subisce di fatto un trauma reale, paragonabile per intensità a quello di una bruciatura. Per questo è così difficile “rimettersi in carreggiata” dopo una delusione affettiva: il cervello tenta di dissuaderci dal rivivere ciò che ci ha già fatto male una volta. Eppure lo sappiamo tutti: anche in tenera età la bellezza e l’intensità dell’amore non hanno eguali e il rischio vale sempre la candela. E qui veniamo alla definizione della Philofobia: la paura d’amare. Essa può declinarsi in una difficoltà a relazionarsi con gli altri, nello scappare da situazioni sentimentali che potrebbero diventare più serie, sino a veri attacchi di panico, tachicardia e ansia. Chi ne soffre, vive in una situazione di perenne instabilità visto che da un lato prova attrazione verso mentre dall’altro nutre il desiderio di non avvicinarsi troppo. Dopo una delusione, peraltro, non sempre è facile tornare lasciarsi andare e in alcuni casi la paura di poter essere abbandonati di nuovo prevale su tutto, assumendo i contorni irrazionali di una psicosi.Oppure, in altri casi, si iniziano relazioni complicatissimi, che difficilmente avranno un andamento lineare, sfruttando le prime incertezze per potersi defilare. è evidente che stiamo parlando di adulti, ma quello che non va dimenticato è che le prime esperienze sentimentali possono lasciare un imprinting sul comportamento successivo e, per questo, vanno viste non come ineluttabili prove necessarie per crescere, ma come situazioni da affrontare con attenzione e professionalità. Quello che si rischi, altrimentio, è che non si sviluppi la capacità di sostenersi difficile gioco dell’equilibrio e del compromesso tra le proprie esigenze e quelle dell’altro/a. Il bambino deve apprendere che ogni qualvolta si interagisce con gli altri, si deve essere in grado di compiere qualche passo verso l’altro/a, senza però mettere da parte la propria identità. Un processo psicologico molto difficile che ha bisogno di un impegno costante, ma che se si porta a compimento da adulti si risolve in una maggiore tranquillità emotiva. Chi è affetto da Philofobia, invece, tende a rifiutare tale processo di avvicinamento e anzi a rifugiarsi in se stesso, accentuando in molti casi, le spigolature del proprio comportamento. Un meccanismo di difesa che è una reazione quasi fisiologica quando fa seguito a una “delusione” ma che può diventare la norma se prolungato nel tempo. Cosa fare allora? Davvero è possibile che un bambino che non si sente ricambiato nei suoi sentimenti infantili non riuscirà ad amare da grande? Come ogni fobia anche quella dell’amore, per quanto forte, può essere superata. Ciò che occorre fare è aiutarlo a tornare a fidarsi: dell’altro e della propria forza emotiva. Ma per riuscirci è necessario ridimensionare il ricordo doloroso, o, quanto meno, riuscire a dargli il giusto peso per non lasciare che esso condizioni totalmente la sua vita. Il processo psicologico può essere lungo e a volte anche traumatico, perché se il ricordo è sopito ma logora da dentro, occorre riportarlo alla luce per superarlo razionalmente ed emotivamente. Gli adolescenti, dicono le indagini, hanno sempre più difficoltà a distinguere il sentimento d’amore con l’attività sessuale che, pare, stia iniziando sempre più precocemente in entrambi i generi. Le prime esperienze possono rappresentare, pertanto, un ulteriore trauma ove il rapporto tenda ad esaurirsi rapidamente e con sofferenza per uno dei due partner. Si rischia, allora di perdere la giusta prospettiva, e può subentrare una forma di pessimismo sull’esistenza del vero amore. La crescita del numero dei divorzi segna all’interno di una famiglia la certezza che la fine di ogni storia d’amore sia inevitabile. Fra sensi di colpa, reali o immaginari, il difficile confronto con i nuovi partner dei propri genitori, è difficile immaginare che sia possibile un reale e reciproco scambio di affetto, senza pensare che possa finire da un momento all’altro. E in questo modo i ragazzi perdono quella spontaneità che in definitiva è uno dei capisaldi dell’amore stesso. Gli adulti non devono sottovalutare i loro dubbi, le paure, gli atteggiamenti che li offendono. Se non ci si riesce da soli, meglio rivolgersi a un professionista che sappia consigliare per il meglio e li aiuti a sconfiggere i loro fantasmi trasformando le debolezze nei punti di forza di una maturità affettiva consapevole. Imparare ad amare è possibile, ma è un processo che inizia molto presto.