Seborrea: tutta colpa della genetica?

L’iperseborrea riveste un ruolo centrale non solo nella patogenesi della dermatite seborroica infantile ma, qualche anno più avanti, anche nell’acne giovanile, nella caduta dei capelli e nell’alopecia androgenetica. In tutte queste situazioni, infatti, si riscontrano una origine ormonale dovuta all’azione del Diidrotestosterone (DHT) la forma attiva del testosterone che induce un aumento di volume dei follicoli sebacei e un maggiore numero di lobuli nella ghiandola sebacea. Gli acidi grassi presenti nella composizione del sebo svolgono un’azione irritante anche sul cuoio capelluto dando origine a prurito e desquamazione furfuracea, pure in capelli apparentemente secchi. Nei pazienti acneici, invece, non si registra solo una variazione quantitativa del sebo ma anche qualitativa con una diminuzione della concentrazione di acido linoleico che è responsabile sia dell’ipercheratinizzazione dell’infrainfundibolo sia della proliferazione del Propionibacterium acnes. Il discorso della ereditarietà e della trasmissione genetica all’interno di una famiglia della predisposizione alla iperseborrea, assume un particolare significato quando si tratta di pazienti femmine, in cui la presenza di ormoni maschili, sebbene a tassi nettamente inferiori rispetto all’uomo, è da considerarsi normale. Il problema diventa allora, non solo l’identificazione di quei casi patologici in cui agli ormoni secreti dalle ghiandole surrenali possono aggiungersi altri provenienti da altri organi come le ovaie, ma soprattutto una particolare recettorialità periferica che fa sì che il testosterone penetri maggiormente all’interno della ghiandola sebacea e del follicolo germinativo del capello e qui, una volta attivato enzimaticamente, ne sovrastimoli il metabolismo. Ora, pur riconoscendo che acne e iperseborrea sono due patologie diverse fra loro, una conferma dell’ereditarietà delle condizioni in cui si riscontra un’azione patogena dell’iperseborrea viene dalla costatazione che le forme più gravi di acne, quelle caratterizzate dalla presenza di noduli e cisti, mostrano una familiarità positiva per la malattia, con genitori e fratelli che hanno sofferto della stessa condizione. L’importanza della predisposizione genetica è anche documentata dal riscontro di casi di acne in gemelli omozigoti in cui si è dimostrata una concordanza del 100% nei tassi di produzione di sebo rispetto ai dizigoti. Diversi studi, sono stati condotti sui poliformismi del gene codificante per il recettore degli androgeni e del gene codificante per il citocromo P-450 1A1 che è coinvolto nel metabolismo dei retinoidi naturali e sintetici.

I primi sono coinvolti nel differenziamento dei sebociti e nel processo di cheratinizzazione del follicolo pilo-sebaceo e quindi possono avere un ruolo nell’etiopatogenesi dell’acne. Un aumentato metabolismo dei retinoidi endogeni potrebbe causare una ridotta azione regolatoria di queste sostanze sullo sviluppo delle ghiandole sebacee e sulla proliferazione cheratinocitaria, con conseguente abnorme differenziazione dei sebociti e aumentata proliferazione dei cheratinociti dell’acroinfundibolo. In particolare in altri studi genetici è stata segnalata nei pazienti acneici la transizione da timina a citosina in posizione 6235 del gene CYP1A1 per il citocromo P-450 che così potrebbe rappresentare un marker. Determinati geni sarebbero, però, solo la condizione necessaria ma non sufficiente a determinare la malattia. Così come condizione necessaria è la presenza di ghiandole sebacee attivamente funzionanti sotto lo stimolo ormonale androgeno a livello recettoriale. Essenziale per l’attività trascrizionale di questo recettore è il cosiddetto dominio amino-terminale, il quale contiene una regione poliglutaminica codificata da ripetuti trinucleotidi CAG, il cui numero è polimorfo sia nell’acne che in altre patologie androgeno-dipendenti come l’alopecia androgenetica e il cancro della prostata. In diversi studi è stato dimostrato che il numero di CAG ripetuti è inversamente proporzionale all’attività del recettore androgenetico. Un dato, quello dei poliformismi, che oggi è verificabile in laboratorio attraverso uno studio della regione del DNA, in particolare del gene per il recettore degli androgeni contenente proprio i trinucleotidi CAG ripetuti. Alla luce dei risultati ottenuti da diversi autori si può oggi affermare che nelle femmine l’età d’insorgenza ètendenzialmente inferiore che nei maschi, e che la familiarità dei fattori ereditari gioca un importante ruolo nell’acne giovanile, incidendo soprattutto sulla durata della malattia. Inoltre nei soggetti predisposti a un’escrezione seborroica sopra la norma, o a una maggiore recettorialità ormonale, si ha un quadro clinico che perdura con l’avanzamento dell’età fino alla menopausa. La familiarità ha invece meno importanza nell’acne late-onset, che sottintende fattori etiopatogenetici diversi. Gli ormoni sessuali maschili giocano un ruolo fondamentale nel grado di severità della malattia, specie in riferimento a particolari aree corporee. Ma praticamente, cosa si dovrebbe consigliare a una adolescente con un quadro di iperseborrea? Inizialmente uno “screening ormonale” per escludere un ovaio policistico, un’iperprolattinemia o un qualsiasi altro disturbo ormonale. Lo stesso non si può dire per il maschio in cui quasi mai gli esami endocrinologici ormonali sono alterati. Infatti mentre gli ormoni femminili sono soggetti durante il corso della vita ad un ciclo biologico, nell’uomo la situazione ormonale è in genere stabile mentre è più la predisposizione genetica (più attività enzimatica della 5a reduttasi di natura ereditaria) a favorire la iperseborrea.