Si sente molto parlare, in questi giorni, di come le malattie respiratorie possano rappresentare un ulteriore fattore di rischio per l’infezione da coronavirus 19. Sia nei riguardi dei pazienti anziani che dei bambini. Importante, quindi, prevenirle partendo dai fattori di rischio individuali, di natura genetica e legati alla familiarità. Ci sono poi fattori di rischio ambientali come l’inquinamento atmosferico outdoor e indoor, le condizioni sociali, la dieta, le infezioni ricorrenti. Partiamo dai fattori individuali. è ormai assodato che esiste una predisposizione genetica legata al deficit di un inibitore delle proteasi sieriche (a1antitripsina) che aumenta il rischio di sviluppare sia l’asma che le broncopneumopatiecronico ostruttive (BPCO). Anche la familiarità per una condizione come l’atopia può essere considerata un importante fattore di rischio per sviluppare asma, allo stesso modo come un altro fattore di rischio è l’obesità. Numerosi studi epidemiologici suggeriscono il chiaro ruolo dell’ambiente nella patogenesi e nel riacutizzarsi delle malattie respiratorie croniche. Mai sottovalutare, infatti, vari allergeni (pollini, acari della polvere, muffe, animali domestici) da anni ritenuti fra le più importanti cause o fattori scatenanti di una condizione di asma già esistente in età pediatrica. Un recente studio suggerisce che nella popolazione dei bambini non italiani, da poco immigrati nel nostro paese, la prevalenza di asma aumenta in maniera direttamente proporzionale agli anni di permanenza in Italia (1). In tempi di quarantena, ora che le persone trascorrono la maggior parte della giornata al chiuso l’inquinamento indoor costituisce il fattore di rischio più importante per le patologie allergiche e respiratorie nell’infanzia. Paradossalmente, l’incremento delle patologie è maggiore da quando sono state adottate le nuove strategie per migliorare il risparmio energetico (serramenti a tenuta, uso di materiali isolanti), ed è cresciuto il numero dei condizionatori e degli umidificatori che, riciclando l’aria, contribuiscono a creare un habitat interno ideale per la permanenza degli allergeni.
Quando i bambini sono esposti a muffe, poi, hanno un rischio quasi doppio di sviluppare successivamente asma. Le norme antifumo vigenti nei luoghi pubblici hanno inciso sulla prevenzione del tumore polmonare, della BPCO e dell’asma negli adulti, ma in Italia, negli ultimi anni, si è registrato un aumento, del 30%, del numero di ragazzi e ragazze minori di 18 anni che hanno iniziato a fumare. Inoltre, l’assenza di divieti a fumare in casa, in presenza di minori, fa sì che il fumo passivo possa contribuire come allergene indoor di alta significatività statistica sia per il declino della funzione respiratoria, che per il rischio di scatenare episodi di asma, e per la crescita dell’incidenza di tosse e malattie respiratorie fra i più giovani. L’esposizione al fumo passivo, sia nel periodo prenatale sia in età neonatale e infantile, favorisce l’insorgenza di malattie caratterizzate da respiro sibilante. Non è un caso, quindi, che i bambini asmatici con madri fumatrici hanno necessità di più farmaci e richiedono un maggior numero di visite specialistiche e di pronto soccorso. I mutamenti climatici e l’inquinamento ambientale per le malattie respiratorie vengono spesso chiamati in causa per lo sviluppo delle patologie polmonari, considerando che l’incremento di differenti inquinanti, tra cui polveri (PM) e ossidi d’azoto, ozono, nell’aria urbana aumenta notevolmente il rischio di mortalità per cause cardiorespiratorie. Mai dimenticando che inquinanti ambientali ad alte concentrazioni possono scatenare riacutizzazioni asmatiche e potenziare le risposte allergiche. Un dato appare inconfutabile: la prevalenza di asma e tosse cronica catarrale cresce con il tasso di urbanizzazione e con il livello di traffico autoveicolare determinando quasi il doppio degli accessi al pronto soccorso per crisi asmatiche, specialmente per quanto riguarda bambini ed anziani. Ci sono anche diverse condizioni socio-economiche che possono avere un ruolo significativo nell’epidemiologia delle malattie respiratorie croniche: povertà, emarginazione, malnutrizione, alta densità abitativa, difficoltà ad accedere alle strutture sanitarie. Nei bambini l’assunzione costante di frutta contenente vit. C riduce i notevolmente diversi sintomi respiratori, dalla tosse notturna alla tosse cronica. L’obesità infantile, poca attività fisica e uno stile di vita sedentario (per esempio, sedere davanti alla la televisione per molte ore), una dieta ricca di sale e di bevande gassate sono anche fattori di rischio per la presenza di tosse cronica. L’aumento di frequenza delle malattie allergiche respiratorie, però, sarebbe però dovuto alle migliori condizioni generali di igiene, al minor rischio di contrarre infezioni, e nelle nuove generazioni, a una più frequente sensibilizzazione allergica. In alcune località, e soprattutto in diverse città, l’esposizione a polveri, fumi e sostanze chimiche rappresenta un importante fattore di rischio per la sensibilizzazione delle vie aeree, la patogenesi di asma, la riacutizzazione e la persistenza dei sintomi respiratori. Per finire, si è scoperto che anche il lattice può essere un’importante causa di asma e di rinite, che per alcuni può rappresentare un marker della probabilità di sviluppare asma nel corso del tempo.