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Che cos’è il ritiro e quando è deviante?

Cos’è il ritiro e quando può essere definito deviante? A spiegarlo è Davide Trapolino, neuropsichiatra infantile dell’Istituto di Ortofonologia (IdO). “Parliamo di un fenomeno che nelle sue varie forme contribuisce al venir meno delle interazioni sociali. Un costrutto complesso ed eterogeneo che può esprimersi in diversi gradi e diverse forme, con intensità e qualità differenti, configurando condizioni che vanno da un basso grado di patologia a situazioni più gravi. Quindi, benché il ritiro possa concretizzarsi nella sua forma di reclusione o di disinvestimento dall’aspetto sociale, le determinanti che lo compongono possono essere diverse da soggetto a soggetto. Molti studiosi convergono sul fatto che il ritiro possa essere anche concettualizzato come la risultante di componenti psicopatologiche differenti. Pensiamo al fenomeno dell’hikikomori che è una forma di ritiro estrema, un vero e proprio ritiro dal mondo non soltanto dalla società. Esistono delle forme differenti che si esprimono con una clinica differente e che verosimilmente le motivazioni alla base delle quali sono diversificate”. Quando il ritiro può essere definito deviante? “Ci sono degli aspetti quantitativi da valutare come le ore che la persona trascorre chiusa in casa, la quantità di occasioni sociali perdute, oppure la quantità di ore spese davanti alla tecnologia. E poi ci sono degli aspetti qualitativi, ciò che sostanzia il ritiro, che tipo di stati della mente e pensieri vi sono dietro. La letteratura converge nel sostenere che il periodo che va dalla seconda alla tarda infanzia diventa quello più critico. Quando è presente un ritiro in quella fascia di età può essere considerato deviante, inteso come rischioso ovviamente. Lo è meno in altre fasi della vita o in alcune transizioni dell’adolescenza, in cui si sa che il soggetto ha bisogno di ritornare a sé stesso per compattarsi di fronte alle sfide evolutive che si trovano davanti a lui. Quindi non è sufficiente che ci sia il ritiro perché si concretizzi una condizione di rischio, c’è chi da solo riesce a star bene e c’è chi in compagnia soffre. Bisogna fare la lettura del ritiro all’interno del momento evolutivo della persona”.

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Tag:, Last modified: Marzo 5, 2021
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